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aveva così spesso affermato, e cioè che la sua missione non era politica. Questi pensieri attraversarono con la rapidità di un baleno la mente di Ben Hur, ma allo stesso tempo si radicarano fermamente nel suo cuore. Gli sembrò di vedere l’uomo dal volto dai capelli femminei farsi vicino a lui, piangendo, — abbastanza vicino per lasciare una traccia del suo spirito dietro di sè.

— «Figlia di Balthasar,» — egli disse con dignità. — «se questo è il giuoco di cui tu parlavi, prendi pure la corona, — essa è tua. Ma bastino le vane ciancie, e veniamo ad una conclusione. Che tu hai uno scopo, sono certo: esponilo, ed a questo io darò risposta; poi lasciamoci, e ciascuno vada per la sua strada. Parla: io ti ascolto.» —

Essa lo fissò con occhio intento, forse misurando la forza della sua volontà, poi disse, freddamente:

— «Tu hai il mio permesso — va.» —

— «La pace sia con te» — egli rispose.

Quando stava per passare sotto alla portiera, essa lo richiamò.

— «Una parola!» —

Egli si arrestò dov’era e la guardò.

— «Hai riflettuto a ciò ch’io so sul conto tuo?» —

— «O bellissima Egiziana» egli disse, ritornando indietro, «che cosa sai mai degli affari miei?» —

Essa lo guardò distrattamente.

— «Tu sei più Romano, o figlio di Hur, che tutti i tuoi connazionali.» —

— «Sono così diverso dagli altri Ebrei? — egli chiese con indifferenza.

— «I semi dèi sono tutti Romani ora» — essa riprese.

— «Mi dirai dunque che altro hai appreso sul conto mio?» —

— «Questa tua somiglianza non è senza effetto sopra di me, e potrebbe indurmi a salvarti.» —

— «Salvarmi?» —

Le rosee dita giuocherellavano distrattamente coi ciondoli scintillanti della sua collana, e la sua voce era molto dolce e carezzevole; solo il leggero battere del suo sandalo sopra il pavimento, lo ammoniva di stare in guardia.

— «C’era una volta un Ebreo, un forzato sfuggito alle galere, che uccise un gladiatore nel Palazzo di Idernee,» — essa cominciò lentamente.

Ben Hur trasalì.