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meno figliuolo di Dio, del quale tante grandi cose erano attese in questi ultimi tempi?» —

Egli fece un gesto impaziente, e rispose: — «Sono forse il suo custode?» —

La bella testa si chinò ancor più.

— «Ha egli distrutto Roma?» —

Ben Hur stizzito ripetè lo stesso gesto della mano.

— «Ove ha egli stabilita la sede della sua capitale?» — continuò la donna, — «E’ permesso vedere il suo trono e i suoi leoni di bronzo? ov’è il suo palazzo? Diamine! chi può far sorgere i morti deve poter costruire palazzi dorati!» —

Non era più ammissibile ch’essa volesse scherzare; le sue domande erano irritanti ed il suo contegno aggressivo. Ben Hur fu posto subito sull’avviso e disse con apparente bonarietà:

— «Oh, Egitto, aspettiamo un giorno ancora, anche una settimana, e vedremo lui, i leoni ed il palazzo!» —

Essa proseguì senza badare al significato di quelle parole:

— «E perchè presentasi vestito così? Non son quelle le vesti dei governatori o dei vicerè delle Indie o d’altri paesi. Mi ricordo d’aver veduto una volta il satrapo di Teheran, con un turbante di seta, un mantello di tessuto d’oro, con una spada dall’impugnatura e dalla guaina talmente tempestate di pietre preziose, che n’ebbi un capogiro. Credetti proprio che Osiride gli avesse prestato un raggio del suo sole. — Stupisco assai che tu non sia ancora entrato in possesso del tuo regno, di quel regno ch’io doveva dividere teco.» —

— «La figlia del saggio mio ospite è, senza volerlo, ben gentile con me, poichè m’insegna ch’Iside può baciare un cuore senza renderlo migliore.» — Ben Hur pronunciò queste parole con fredda cortesia. Iras, trastullandosi con un brillante che le pendeva dalla collana, tacque un’istante, poi riprese, — «Per un Ebreo, il figlio di Hur non manca di spirito. Ho assistito all’entrata in Gerusalemme del tuo Cesare sognatore, di colui che, a tuo dire, doveva proclamarsi Re dei Giudei sopra i gradini del Tempio. Vidi la processione che l’accompagnava e ne udii i canti; che bell’effetto facevano quelle palme agitate! Vi cercai invano una figura dall’aspetto regale, un cavaliere porporato, un cocchio d’abbagliante metallo, un maestoso guerriero dietro allo scintillante scudo, gareggiante in altezza colla propria lancia. Sarebbe stato pur bello vedervi un prin-