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Il resto della carovana consisteva in due Arabi genuini, magri come un filo, col viso abbronzato, colle guancie infossate, e cogli occhi d’una lucidezza quasi malvagia; sopra alla loro testa portavano dei rossi tarbooshes; sopra i loro abas, avviluppanti la spalla sinistra ed il braccio destro, delle coperte di lana. C’era un gran contrattare perchè gli Arabi stavano vendendo i cavalli offrendoli con tutto il loro ardore e con voci squillanti. Il personaggio elegante lasciava parlare i suoi servi, di quando in quando rispondeva con gran dignità; ad un tratto, scorgendo il Cipriotto, si fermò e comprò dei fichi.

Se dopo che l’intera compagnia ha passata la porta vicino al Fariseo noi ci portiamo dal venditore di frutta, egli ci racconterà con grandi reverenze come lo straniero fosse un Ebreo, uno dei principi della città che ha viaggiato ed imparato a distinguere la diferenza che passa tra l’uva comune di Siria e quella di Cipro.

E così, fin verso mezzodì, e qualche volta più tardi, vi è costante corrente d’affari alla porta di Joppa, affari d’ogni sorta, che fanno intervenire al mercato rappresentanti di ogni tribù di Israele, di tutte quelle sette fra cui l’antica fede è stata suddivisa e frazionata, di tutte le religioni e le divisioni sociali, di tutta la plebe avventurosa, che, gaudente e tumultuante, gozzoviglia alle spalle d’Erode e dei Cesari suoi successori.

In altre parole, Gerusalemme, ricca nella storia sacra, più ricca nelle sacre profezie, — la Gerusalemme di Salomone, nella quale l’argento era abbondante come le pietre, e i cedri numerosi come i siccomori della valle — non era che una copia di Roma, un centro di pratiche profane, una sede di potere pagano. Un re Ebreo indossò un giorno vestiti sacerdotali ed andò nel Tempio a offrire incenso. Ne venne fuori un lebbroso; ma, nell’epoca della quale parliamo, Pompeo entrò nel tempio di Erode ed anche nell’ehal, e sortì senza timore, non trovando che una stanza vuota, e di Dio non una vestigia.