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— «Pietà, pietà,» — singhiozzava Amrah prostrata al suolo.

— «Toccava a te aver pietà di te stessa e di noi. Ove potremo fuggire? Non v’è speranza alcuna d’aiuto. Serva infedele! non pesava già abbastanza su di noi la collera del Signore?» —

Qui Tirzah, svegliata dal rumore, comparve sulla soglia del sepolcro. La penna si rifiuta a descrivere minutamente l’aspetto di quella sventurata. Mezza nuda, coperta di croste e di lividi cicatrici, quasi cieca, colle gambe e le estremità gonfie fino a raggiungere dimensioni grottesche, tale era Tirzah, che noi conoscemmo vaga creatura, seducente e piena di grazia infantile.

— «E’ Amrah, madre?» —

La serva fece per trascinarsi a lei.

— «Fermati Amrah!» — gridò imperiosamente la vedova, — «ti proibisco di toccarla. Alzati e parti prima che qualcuno ti veda. Ma no.... dimenticava.... è troppo tardi! Tu devi ormai restar qui a dividere la nostra sorte. Alzati, ti dico.» —

Amrah si pose ginocchioni e lottando coll’emozione che tuttora l’agitava, a stento potè profferire: — «Oh, mia buona padrona! Non sono un’infedele, un’ingrata — ti porto buone notizie.» —

— «Di Giuda?» — e nel rivolgerle avidamente quella domanda la vedova si scoperse in parte il capo.

— «V’è un’uomo meraviglioso» — continuò Amrah con voce fioca — «il quale ha il potere di guarirvi. Egli pronuncia una parola, e, subito.... gli ammalati.... diventano sani.... e i morti ritornano a vivere.... Sono venuta per condurvi da lui!» —

— «Povera Amrah!» — mormorò Tirzah in tono di compassione.

— «No» — gridò la vecchia con calore, comprendendo il significato di quell’esclamazione, — «no, per il Signore vivente, per il Signore d’Israele, pel Dio vostro e mio, vi giuro ch’io dico la verità. Venite con me, ve ne prego, e non perdiamo tempo. Stamane egli sarà in cammino per la città. — Guardate, già s’avanza il giorno. Presto, mangiate qualche cosa e partiamo,» —

La madre era stata tutt’orecchi. Forse la fama dell’uomo misterioso era già giunta sino a lei.

— «Chi è costui?» — chiese.

— «Un Nazareno.» —