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Tale la risposta, astutamente bugiarda.

E così di banco in banco si moltiplicavano il vociare e le contese, non tutte pacifiche.

Quando finalmente la marcia fu terminata, e la Porta Pompae si chiuse sull’ultimo vessillifero, Ben Hur sapeva che il suo desiderio era esaudito.

Gli sguardi dell’Oriente erano fissati sopra la sua gara con Messala.


CAPITOLO XIII.


Circa alle ore quindici, per parlare in stile moderno, la prima parte del programma era esaurita, non rimanendo che la gara dei cocchi. Il direttore scelse questo momento per fare una breve sosta. I vomitoria furono spalancati, e, tutti coloro che poterono, uscirono sotto il porticato esterno dove era disposto un servizio di rinfreschi. Quelli che rimanevano sbadigliavano, chiacchieravano, consultavano le loro tavolette, e liquidavano le scommesse; ogni distinzione di classe era dimenticata; la moltitudine era divisa in due grandi categorie; dei vincitori, allegri e rumorosi, e dei perdenti, accigliati e taciturni.

In questo mentre però una terza classe di spettatori, formata da cittadini desiderosi soltanto di vedere la corsa dei cocchi, approfittò dell’intervallo per entrare nel Circo ed occupare i suoi posti riservati, credendo in questo modo di sfuggire all’attenzione del pubblico. Fra questi erano Simonide e la sua compagnia, che cercavano i loro posti nella tribuna sul lato settentrionale, di faccia a quella consolare.

Quattro servitori portavano il negoziante nella sua sedia su per le scale, destando la viva curiosità degli spettatori. Qualcuno disse il suo nome. I vicini lo intesero e lo ripeterono di bocca in bocca. I più lontani si arrampicarono sui banchi per dare un occhiata all’uomo intorno al quale la diceria popolare aveva tessuto un romanzo miracoloso.

Ilderim pure fu accolto calorosamente; ma nessuno conosceva Balthasar e le due donne che lo seguivano, gelosamente velate.

La gente fece largo rispettosamente alla comitiva, e gli