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— «Cessa, o insolente!» — disse Druso. — «Scrivi la scommessa e lasciala sul tavolo. Domani, se avremo trovato che tu possiedi veramente tanto denaro da buttar via, io, Druso, ti prometto che sarà accettata.» —
Samballat scrisse nuovamente, e alzandosi, disse, con inalterabile calma:
— «Ecco, Druso. Io ti lascio l’offerta; quando è firmata, mandamela prima che incominci la corsa. Mi troverai vicino al Console nella tribuna sopra la Porta Pompae. Pace a te; pace a voi tutti.» —
Egli fece un inchino e partì, senza badare all’urlo che lo accompagnò fino alla porta. Quella notte la storia della scommessa prodigiosa volò di bocca in bocca per tutte le vie e piazze di Antiochia; e Ben Hur, vegliando presso i suoi quattro cavalli, la udì raccontare, e seppe anche che tutta la sostanza di Messala era impegnata in essa.
E si addormentò sorridendo.
CAPITOLO XII.
Il Circo di Antiochia sorgeva sulla sponda destra del fiume, quasi dirimpetto al Palazzo e non differiva sostanzialmente da tutti gli altri edifici del genere.
I giuochi erano, nel vero senso della parola, un dono fatto al popolo; l’entrata era quindi libera a tutti, e, vasta com’era la capacità dell’anfiteatro, la gente ebbe tanta paura di non ottenervi un posto, che, fin dalle prime ore del giorno precedente ai giuochi, aveva occupato tutte Ie adiacenze del Circo, le quali presentavano l’aspetto di un grande attendamento militare.
A mezzanotte furono spalancati i cancelli, e la plebaglia si gettò attraverso le porte occupando rapidamente i posti a lei assegnati. Solo un terremoto o l’assalto di un esercito avrebbe potuto smuoverla di là. Passò la notte dormendo sulle gradinate, fece colazione su di esse, e aspettò pazientemente il principio dello spettacolo.
Verso la prima ora del giorno cominciarono ad arrivare i borghesi più agiati, che avevano posti numerizzati, i più ricchi e più nobili fra di essi a cavallo o portati in lettiga con seguiti di domestici in livrea.