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Essa era figlia del nord e del sud; l’uno le aveva dato il suo ingegno, l’altro le sue passioni, e quando Borea e lo Scirocco la vedevano ridevano, dicendo: «È nostra.»

Tutte le cose più belle della natura contribuivano alla sua bellezza, e si rallegravano della sua presenza. Quando passava, gli uccelli scendevan a posarsi sulle sue spalle, gli zefiri la baciavano in volto; il candido loto si tendeva sui lunghi steli per guardarla; il fiume solenne indugiava nel suo cammino; le palme accennavano da lontano sventolando le cime frondose; e gli uni sembravano dire: Io le diedi la mia grafia; gli altri: Io le diedi la mia purezza; l’altro ancora: Io le diedi la mia bellezza.

A dodici anni Ne-Ne-Hofra era la delizia di Essuan; a sedici anni la fama della sua bellezza s’era sparsa per l’Universo; a venti non passava giorno che alla sua porta non venissero principi del deserto sopra rapidi cammelli, e signori d’Egitto su galere dorate, e tutti partivano desolati, dicendo: — «Io l’ho veduta; e non è una donna, ma Ator in persona.» —


III.


Dei trecentotrenta successori del buon re Menes, diciotto furono Etiopi, di cui Orete era l’ultimo. Egli aveva cento dieci anni, e ne aveva regnato settantasei. Sotto di lui il popolo fu prosperoso e la terra piena di abbondanza. Egli praticava la saggezza, perchè, avendo vedute tante cose, la conosceva bene. Viveva a Menfi, dove aveva i suoi palazzi, i suoi arsenali, e i suoi tesori.

La moglie del buon Re venne a morire. Egli l’amava e la pianse amaramente, finchè un sacerdote si fece coraggio e gli disse:

— «Orete, io mi meraviglio che un Re così saggio e potente, non sappia trovare rimedio a un male come questo.» —

«— Dimmi un rimedio.» — disse il Re.

Tre volte baciò la terra, e disse: — «Ad Essuan vive Ne Ne-Hofra, bella come Ator. Mandala a chiamare. Essa ha rifiutato la mano di principi e Re; ma chi può rifiutare Orete?