Pagina:Wallace - Ben Hur, 1900.djvu/285


279

Poichè siamo stati in Egitto, andiamo ora al boschetto di Dafne.» —

— «Senza un canto che ci allieti la via?» — egli supplicò.

— «Dimmi qualche cosa intorno al Romano dal quale oggi ci salvasti la vita.» — essa chiese.

La domanda sembrò spiacevole a Ben Hur.

— «Vorrei che questo fosse il Nilo» — egli disse, eludendo la domanda. — «I Re e le Regine, dopo aver dormito tanti anni, potrebbero uscire dalle loro tombe e viaggiare con noi.»

— «Appartenevano alla razza dei colossi e avrebbero affondata la barca. Preferirei dei pigmei. Ma parlami del Romano. Egli è molto cattivo, nevvero?» —

— «Non lo so.» —

— «È di nobile famiglia? È ricco?» —

— «Non posso parlare delle sue ricchezze.» —

— «Come erano belli i suoi cavalli! E il suo cocchio era d’oro, e le ruote d’avorio. E quale audacia! Gli spettatori risero quand’egli partì, — essi che per poco non sarebbero stati travolti sotto le zampe dei suoi cavalli!»

Essa rise al ricordo.

— «Era plebaglia» — disse Ben Hur con amarezza.

— «Egli deve essere uno di quei mostri che si dice crescano oggi in Roma, Apolli voraci come Cerberi. Vive in Antiochia?» —

— «Nell’Oriente.» —

— «L’Egitto gli converrebbe di più.» —

— «Ne dubito. Cleopatra è morta.

In quell’istante apparvero le lampade che ardevano davanti ai padiglioni di Ilderim.

— «Il dovar» — essa mormorò.

— «Ah, dunque noi siamo andati in Egitto. Non ho veduto Karnac, Pile od Abido. Questo non è il Nilo. Ho udito un canto dell’India, e il viaggio è stato un sogno.» —

-- «Pile — Karnac! Piuttosto ti dolga di non aver veduto i Ramessidi di Simbele, che ti fanno pensare a Dio creatore del cielo e della terra. O piuttosto perchè dolertene affatto? Andiamo sul fiume, e se non potrò cantare» — essa rise — «perchè ho detto che non vorrei cantare, ti posso però raccontare storie dell’Egitto» —

— «Continua! Sì, fino che spunta il mattino, e ritornerà la sera e sorga il sole di un altro giorno:» — egli soggiunse con calore.