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corse mai maggior pericolo di sconfitta. L’Egiziana sedeva presso a lui, ed egli non poteva fare a meno di guardarla, essa che già aveva richiamato alla sua mente l’ideale della Sulamita. Con quegli occhi fissi nei suoi, egli non avrebbe scorto le stelle che a poco a poco apparivano in cielo; la notte avrebbe potuto avvolgere ogni cosa; quegli sguardi avrebbero gettata una luce attraverso le tenebre più dense. E poi, chi non sa come conferiscano ai pensieri d’amore la tranquillità delle acque d’un lago, sotto la volta ingemmata del firmamento, in una tiepida notte d’estate, quando i cuori che battono l’uno appresso all’altro, sono giovani, e i cervelli pieni di sogni?» —
— «Dammi il timone» — egli disse.
— «No» — essa rispose — «questo sarebbe un mutar le parti. Io ti ho invitato, e tu sei mio ospite. Voglio cominciare a liquidare il debito che io ti devo. Tu puoi parlare e io ascolterò, oppure parlerò io e tu ascolta. Questa scelta spetta a te.
Io invece deciderò dove anderemo e che via dobbiamo tenere.» —
— «E dove andiamo?» —
— «Ecco che sei di nuovo spaventato.» —
— «O bella Egiziana, ho fatto la prima domanda nanaturale ad un prigioniero.» —
— «Chiamami Egitto.» —
— «Preferirei chiamarti Iras» —
— «Puoi pensarmi con quel nome, ma chiamami Egitto.» —
— «L’Egitto è un paese e comprende molti popoli.» —
— «Sì! Sì! e qual paese!» —
— «Ho capito; noi andiamo in Egitto.» —
— «Almeno vi andassimo davvero! Sarei felice.» —
Sospirò, così dicendo.
— «Non pensi affatto a me allora» — egli disse.
— «Ah, da ciò comprendo che tu non ci sei mai stato!» —
— «Non ci fui mai.» —
— «Oh, è una terra dove l’infelicità è ignota, meta e desiderio degli altri popoli, madre di tutti gli Dei, e quindi in sommo grado benedetta. Là, o figlio di Arrio chi è felice trova la sua felicità raddoppiata; la sventurato che attinge uua volta all’acqua del sacro fiume, dimentica il suo dolore, e canta e ride come i fanciulli.» —
— «Non vivono poveri colà come altrove?» —
— «I poveri nell’Egitto hanno desiderii modesti e po-