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forchette, coltelli e cucchiai. Durante il pasto si parlò poco. Ma quando furono nuovamente portate le ciotole per lavarsi le mani e incominciò la seconda parte del pasto, il dessert, gli animi si disposero ad ascoltare e parlare.

In una tale compagnia — un Arabo, un Ebreo, un Egiziano, tutte e tre credenti in un unico Dio — non vi poteva essere in quell’epoca che un solo tema di conversazione; e dei tre, chi doveva essere l’oratore se non colui al quale la Divinità si era rivelata? di che cosa doveva parlare se non di quanto egli era stato chiamato a testimoniare?


CAPITOLO XV.


Il sole tramontava dietro le montagne che proiettavano le loro ombre gigantesche sopra l’Orto delle Palme, e al brevissimo crepuscolo successe rapidamente l’oscurità della morte. I domestici portarono nella tenda quattro candelieri di bronzo e li posero sul tavolo, uno per ciascun angolo. Ogni candeliere aveva quattro braccia, e da ciascun braccio scendeva una piccola lampada d’argento. La luce brillante illuminava il gruppo che continuò la conversazione iniziata parlando in dialetto siriaco, famigliare alle popolazioni d’Oriente.

L’Egiziano raccontò la storia dell’incontro dei tre nel deserto, e convenne con lo sceicco che fu in dicembre, ventisette anni fa, quand’egli e i suoi compagni, fuggendo da Erode, chiesero ospitalità alla sua tenda. Il racconto fu ascoltato con intenso interessamento; gli stessi domestici, indugiavano più che potevano per afferrare ogni dettaglio. Ben Hur lo accolse come si conveniva ad un uomo che udiva una rivelazione di grande importanza per tutta l’umanità e specialmente pel popolo d’Israele. Nella sua mente, come vedremo, andava formandosi un’idea che doveva mutare tutta la corrente della sua vita, ed assorbire tutte quante le sue forze.

Le parole di Balthasar fecero una profonda impressione nel giovine Ebreo, il quale non dubitò per un istante della verità di quanto aveva udito.

Per lo sceicco Ilderim la storia non era nuova. L’aveva udita raccontare dai tre sapienti in circostanze che non