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tato da clamorose acclamazioni che attirarono su di lui gli sguardi di tutti. I cavalli di mezzo erano neri, quelli ai lati bianchi come la neve. In conformità alle esigenze della moda romana, le loro code erano state tosate, mentre le mozze criniere erano divise in treccie fregiate di nastri rossi e gialli.
Giunto ad un punto ove il cocchio si offriva tutto intiero alla vista degli spettatori sul podio, questi dovettero convenire che le grida d’ammirazione erano pienamente giustificate. Le ruote erano di meravigliosa costruzione: robuste fascie di bronzo brunito ne rinforzavano i perni leggerissimi; i raggi erano costituiti da zanne d’avorio montate colla loro naturale curvatura all’esterno, onde ottenere la maggior perfezione di concavità, considerata sin d’allora cosa importantissima; i cerchi erano d’ebano colla lastra esterna in bronzo; la sala, in armonia colle ruote, aveva alle estremità una testa di tigre, e, tutta la parte superiore del cocchio era di vimini dorati. L’arrivo di questo splendido equipaggio indusse Ben Hur a guardare con qualche interesse l’auriga. Chi era egli? Mentre facevasi questa domanda non poteva ancora vedergli il volto, e nemmeno l’intiera figura, eppure qualche cosa nel suo aspetto generale e nelle sue movenze non gli pareva nuovo. — Chi poteva mai essere? I cavalli si avvicinavano al trotto. Dallo splendore dell’equipaggio e dal clamore ch’esso sollevava era lecito supporre si trattasse di qualche gran dignitario o di un principe illustre. La presenza di un magnate in quel posto non sarebbe stata in contraddizione alcuna con la sua condizione sociale: è noto come più tardi Nerone e Commodo guidassero i loro cocchi nel circo. Ben Hur si alzò e si fece strada fra la folla fino ad arrivare davanti alla cancellata che divideva il podio dalla pista, il suo volto esprimeva serietà e i suoi movimenti tradivano l’impazienza. Il cocchio passò davanti al cancello: su di esso erano due persone; l’auriga e un compagno, il Mirtilo, come classicamente solevano chiamarli i gran signori appassionati per le corse; ma Ben Hur non aveva occhi che per il primo, ritto in piedi, colle redini avvolte attorno al copo formoso, solo in parte coperto da una tunica di panno rosso-chiaro. Nella destra stringeva una frusta, nell’altra mano, leggermente sollevata e protesa, le quattro redini. Piena di grazia e di forza era la posa. Gli applausi non avevano la virtù di scuoterne l’impassibilità. Ben Hur provò una fitta al cuore; il suo istinto e la sua memoria non l’avevano ingannato — l’auriga era Messala!