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Mi ha assicurato ch’essi correrebbero colla velocità dell’aquila e colla docilità delle pecore! Ch’egli sia maledetto e con lui quella madre di menzogne di cui è figlio! Guardateli, che splendidi animali! Ch’egli si permetta di solo toccarli colla frusta e....» e le sue parole terminarono in un digrignar di denti. «Si metta alla loro testa, uno di voi, e parli con essi: una sola parola nel linguaggio del deserto basta ad acquetarli. Pazzo, pazzo che fui nell’affidarmi ad un romano!» —
Alcuni fra i più accorti del suo seguito si cacciarono fra lui ed i suoi cavalli mentre un violento colpo di tosse troncò la voce del vecchio.
Ben Hur che credette di comprendere lo sceicco, si sentì attratto verso di lui — più che l’orgoglio della proprietà più che il timore pel risultato della gara, scorgeva nel patriarca un’infinita tenerezza pei suoi cavalli.
Erano tutti bai, senza una macchia, perfettamente accoppiati e di splendide proporzioni. Delicatissime le orecchie e piccole le teste; i musi larghi; le narici, quando s’arricciavano, mostravano la membrana di un rosso vivo fiammante; arcati i colli e fregiati d’una criniera così abbondante da coprirne le spalle ed il petto. Dalle ginocchia in giù le gambe erano sottili e diritte, ma, al disopra, esse si arrotondavano per lo sviluppo di forti muscoli, quali si richiedevano per sopportare la bella e complessa corporatura superiore: gli zoccoli splendevano come coppe di lucente agata; nell’impennarsi e nel ricalcitrare i nobili corsieri sferzavano l’aria e qualche volta la terra colle lunghe code. Lo sceicco li aveva chiamati splendidi, ed aveva detto bene.
Un secondo e più attento esame dei cavalli rivelò a Ben Hur qual fosse la ragione dell’affetto del loro padrone per essi: erano cresciuti sotto i suoi occhi, oggetto delle sue cure durante il giorno, sogno delle sue notti, sotto i padiglioni nel deserto, quasi fratelli coi membri della sua famiglia, e da lui amati quali figli. Perchè essi gli offrissero campo di riportare una vittoria sull’odiato romano, quel vecchio li aveva condotti in città, non dubitando del loro successo purchè guidati da mano esperta; ma qui stava la difficoltà, poichè occorreva, oltre l’ordinaria esperienza, un intuito speciale, una corrente di intima simpatia fra l’auriga e le bestie. Alla calda natura dello sceicco non era possibile l’uniformarsi al costume dei freddi abitatori d’occidente, di protestare cioè senz’altro l’auriga e tranquilla-