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Ben Hur continuò la sua strada, tenendo la testa alta, come chi, pure apprezzando le delizie che lo attorniano, sa contemplare con la calma derivante da una chiara percezione del suo valore. Il pensiero d’essersi quasi lasciato adescare da quelle fallaci insidie, richiamava di tanto in tanto un sorriso sulle sue labbra.


CAPITOLO VII.


Giunse ad una foresta di cipressi alti e diritti come colonne, da cui procedevano le note gaie d’una cornetta. Sdraiato sull’erba, all’ombra di un albero, vide quel tale a lui incognito nel quale s’era imbattuto poc’anzi.

Lo sconosciuto si alzò e gli venne incontro.

— «Di nuovo la pace sia con voi.» — disse in tono cordiale.

— «Vi ringrazio» — rispose Ben Hur — «facciamo forse la stessa strada?» —

— «Io sono diretto allo stadio, e voi?» —

— «Lo stadio? —

— «Sì; la cornetta che avete udito poc’anzi è un appello pei competitori.» —

— «Amico» — fece Ben Hur — «Confesso la mia ignoranza, e se vorrete servirmi da guida, vi sarò grato.» —

— «Volentieri. — Ascoltate! — Mi par di udire il rumore dei cocchi. Stanno per entrare nella pista.» —

Ben Hur stette in ascolto un momento; poi riprese la presentazione interrotta al crocicchio innanzi ai templi:

— «Io sono figlio del duumviro Arrio — e tu?» —

— «Io mi chiamo Malluch, negoziante di Antiochia.» —

— «Ebbene, buon Malluch; il corno, lo strepito delle ruote; la prospettiva di uno spettacolo hanno destato la mia curiosità. Ho qualche cognizione di quegli esercizi e non sono sconosciuto nelle palestre di Roma. Andiamo alla gara.» —

Malluch lo guardò stupito: — «Il duumviro era Romano; pure vedo suo figlio vestito da Ebreo.» —

— «L’illustre Arrio era mio padre adottivo.» — spiegò Ben Hur.

— «Ah, comprendo! Perdonate.» —

Uscendo dalla foresta la quale formava come il bordo di una