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— «Che giorno è questo, figliuola?» — esclamò interrompendosi nella sua manifestazione d’allegria. — «Che giorno è? Desidero ricordarmene come di un giorno di gioia. Va, cercalo ridendo, e ridendo dimmelo, Ester.» —

Quest’allegria le ripugnava come cosa non naturale, e come per distorvelo rispose melanconicamente: — «Pur troppo, padre, non mi sarebbe possibile dimenticare questo giorno.» —

Appena pronunciate queste parole, il vecchio lasciò cadere le mani, ed il mento, appoggiandosi sul petto, si perdette nelle pieghe della carne floscia che incorniciavano la parte inferiore del suo volto.

— «Vero, verissimo, figlia mia!» — esclamò senza alzare gli occhi. — «Questo è il ventesimo giorno del quarto mese. In questo stesso giorno, cinque anni addietro, la mia Rachele, tua madre, morì. Mi portarono a casa ridotto qual tu mi vedi e la trovammo morta di dolore. Oh, essa era per me come la canfora nei vigneti di Engaddi! Come il miele del favo! — L’abbiamo sepolta lontano, in luogo solitario, in una tomba scavata nella montagna. Ed essa non mi lasciò che un lumicino ad illuminare la scura notte, il quale è cresciuto con gli anni ed ora è diventato il sole della mia vita.» —

Alzò la mano e l’appoggiò sul capo della figliuola. —

«Buon Dio, io ti ringrazio di aver fatto rivivere nella mia Ester la mia perduta Rachele!» —

Ad un tratto, sollevò il capo e disse, come colpito subitamente da un’idea. — «Il tempo è sereno?» —

Così era, prima che entrasse il giovane.

— «Allora chiama Abimelech, che mi conduca in giardino ond’io possa vedere il fiume e le navi, e dove ti racconterò, mia diletta Ester, il perchè poc’anzi il riso si posò sulle mie labbra, e la mia lingua mosse al canto e lo spirito divenne leggiero quale gazzella o daino dei monti.» —

In risposta al campanello, venne il servo che per ordine della giovane spinse la seggiola munita appositamente di rotelle, fuori della camera, sul tetto del caseggiato inferiore, e che il padrone chiamava giardino. Simonide venne condotto ad una parte dove egli poteva vedere i tetti dei palazzi dell’isola dirimpetto, il ponte di esso ed al disotto il fiume, ove una nave solcava le onde scintillante sotto il magnifico sole mattutino. Colà il servo lo lasciò solo con Ester.

Il gridìo degli operaj ed il rumoroso lavoro non li disturbavano affatto come non li disturbava il movimento