Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
170 |
Quantunque il nuovo arrivato giungesse da Roma, ririmase sbalordito alla vista della magnificenza di quella strada. Dall’un lato e dall’altro sorgevano palazzi, e nel mezzo stendevansi doppi colonnati di marmo, con divisioni speciali pel passaggio di pedoni, animali e cocchi; alberi frondosi, fontane a getto continuo, rinfrescavano l’aria. Ben Hur non era in vena di apprezzare pienamente quello spettacolo. La storia di Simonide non gli dava pace. Giunto all’Onfalo — monumento a quattro arcate larghe come le stesse vie, superbamente illustrate da bassorilievi, erette, ed a sè stesso dedicate da Epifane, ottavo dei Seleucidi, mutò divisamento e disse ai facchini: — «Non andrò alla cittadella questa sera; conducetemi al Khan più vicino al ponte sulla strada di Seleucia. La comitiva ritornò sopra i suoi passi ed in breve egli si trovò in una locanda primitiva sì, ma di ampia struttura, a poca distanza dal ponte sotto il quale il vecchio Simonide aveva stabilito la sua dimora. Tutta la notte Ben Hur rimase a giacere sul terrazzo, sempre agitato dallo stesso pensiero, e di tempo in tempo ripetendo a sè stesso. «Ora, ora avrò notizie dei miei, di mia madre, della cara piccola Tirzah. Se esse sono ancora al mondo saprò trovarle!» —
CAPITOLO III.
All’indomani, per tempo, sprezzando le belle vie della città, Ben Hur andò in cerca della casa di Simonide. Dopo essere penetrato sotto l’arco di una torre merlata, passò una fila di moli: di là continuò a camminare lungo il fiume fra una folla di affacendati, finchè, raggiunto il Ponte Seleucio si fermò e diede un’occhiata all’ingiro. Là, immediatamente sotto al ponte, stava la casa del negoziante, una mole di pietra grigia a pareti ruvide, senza alcuno stile, e, come disse appunto il viaggiatore, formando apparentemente il contrafforte della muraglia alla quale s’appoggiava. Due portoni immensi aprentisi sulla facciata, davano accesso al palazzo. Alcuni vani, nella parte superiore muniti di forti inferriate tenevano luogo di finestre. Dai crepacci dondolavano erbe ed arbusti mentre in altri punti un muschio nerastro copriva la pietra nuda. Le porte erano spalancate: attraverso ad esse fluiva ininterrotta e frettolosa la doppia corrente del vasto commercio di Simonide.