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— «Meglio essere un verme e nutrirsi delle more di Dafne, che esser l’ospite d’un Re.» —
— «Allora mi consigliate di starne lontano?» —
— «Io no, vi andrete. Tutti ci vanno; filosofi cinici, baldi giovani, donne e sacerdoti. Sono talmente certo di ciò che farete che oso darvi un consiglio. Non alloggiate in città — sarebbe una perdita di tempo; andate direttamente al villaggio situato al confine del boschetto. Il cammino conduce attraverso un giardino e fra amene fontane. Le amanti del Dio e la figliuola di Peneo lo costruirono; nei suoi porticati, nei sentieri e nei mille ritrovi voi v’imbatterete in tipi, in abitudini, in attrattive, impossibili altrove. Ma ecco le mura della città! Ecco, sono il capolavoro di Xeres, il maestro dell’arte muraria.» —
Tutti gli occhi seguirono la direzione della sua mano.
— «Questa parte fu eretta per ordine del primo dei Seleucidi. Nel corso di 300 anni ha finito col formare una massa sola colla roccia, sulla quale riposa.» —
L’encomio era ben meritato. Alte, solide, e con molti angoli arditi, si curvavano maestosamente in direzione di mezzogiorno.
— «Là, in cima, vi sono quattrocento torri, ognuna delle quali è un serbatoio d’acqua» — continuò l’Ebreo. — State attenti e vedrete al di là del muro, per quanto alto egli sia, due colline in lontananza, dette le creste rivali di Sulpio, di cui avrete sentito parlare. L’edificio su quella più lontana è la cittadella, occupata costantemente da una legione romana. Dirimpetto, venendo verso di noi, è il tempio di Giove, ed al disotto, la facciata del palazzo del legato, e insieme fortezza, contro la quale un’attacco popolare riuscirebbe innocuo come un soffio di scirocco.» —
Mentre i marinai cominciavano ad ammainare le vele, l’Ebreo proruppe in queste parole: «Attenti! voi che odiate il mare, e voialtri che avete fatto dei voti, preparate le vostre maledizioni e le vostre preghiere. Quel ponte, laggiù, sul quale passa la strada che conduce a Seleucia, segna il limite della nostra navigazione.
Qui le navi scaricano le merci che vengono poi trasportate a dorso di cammello. Al di là del ponte incomincia l’isola sulla quale Calinico costruì la sua nuova città, congiungendola con cinque grandi viadotti così solidi che gli anni non vi lasciarono alcuna traccia, come nessuna traccia vi lasciarono le innondazioni ed i terremoti. Quanto alla città principale poi, amici miei, basti il dirvi che il ricordo