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le redini per il cavaliere nè la cinghia di cuoio pel servo conducente. La sella, posta sul dorso, era una meraviglia, e presso qualsiasi popolo, che non fosse stato quello dell’Oriente, sarebbe derivata fama d’inventore a chi ne avesse costruita una di simile. Consisteva in due casse di legno, appena lunghe un quattro piedi, bilanciate, e pendenti una per parte; all’interno erano foderate, tappezzate, ed accomodate in modo da permettere al padrone di sedere o di giacere mezzo sdraiato; sopra tutto questo ammennicolo, poi, era distesa una tenda verde, assai larga di dietro, tenuta ferma da cinghie e da correggie di cuoio strette fra loro da innumerevoli nodi. Così gl’ingegnosi figli di Cush avevano cercato di rendere comoda la via soleggiata del deserto lungo la quale si recavano tanto per loro dovere come per loro piacere.

Quando il dromedario uscì dal canale, che era già giunto allo sbocco, il viaggiatore aveva passato il confine dell’El Belka, l’antico Ammon. Dinanzi a sè egli aveva il sole coperto da vapori di nebbia, e il deserto sterminato; non le regioni delle sabbie in balìa del Simun, le quali eran più lontane, ma la regione ove il verde si fa meno frequente, e dove il terreno è cosparso di ciottoli e di pietre grigie e brune. Qua e là delle acacie languenti, dei ciuffi d’erbe, dei piccoli arbusti. Quercie, rovi e vari alberelli, eran rimasti addietro, al confine del deserto, quasi allineati, a gruppo, come se fossero venuti fin lì e poi si fossero fermati a guardare l’arida stesa, spauriti, senz’aver il coraggio d’inoltrarsi. Il giorno era alto. Quella parte di strada che era ben mantenuta stava per terminare.

Il cammello sembrava più che mai seguire una direzione costrettovi dalla mano dell’uomo, tanto allungava ed affrettava il passo col muso rivolto all’ampio orizzonte, aspirando l’aria a più riprese per le larghe narici. La lettiga dondolava, si sollevava e s’abbassava come un battello alla mercè delle onde. S’udiva il fruscìo delle foglie secche calpestate e, di quando in quando, un profumo simile all’odore d’assenzio raddolciva l’aria. Allodole e rondini svolazzavano intorno, e pernici bianche s’allontanavano emettendo strani sibili. Meno di frequente una volpe od una iena correvano veloci per venir a studiare gli ospiti intrusi a una relativa distanza.

A destra sorgevano le montagne della catena del Jebel; il velo grigio-perla che le copriva, cambiava, da un momento all’altro, in un colore di porpora che il sole poco