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patria, alla Giudea, badava ad ogni deviazione dalla rotta, ed ebbe una vera fitta al cuore quando s’accorse dell’improvvisa piega verso nord, avvenuta, come abbiamo osservato, dopo la partenza da Nasso. La ragione del cambiamento gli era ignota come lo era ai suoi compagni dì schiavitù.
Solo una volta in tre anni era salito sul ponte e aveva veduto il mare, e sappiamo quando. Egli non immaginava neppure che dietro alla nave che egli aiutava a spingere veniva una grande flotta in perfetto ordine.
Quando cadde la notte, la direzione continuava ad esser la medesima.
Un profumo d’incenso penetrò dai boccaporti.
— «Il tribuno è davanti all’altare» pensò. — «Siamo dunque alla vigilia di una battaglia?» —
Egli era stato in molte battaglie senza averne veduta una sola. Dal suo banco ne aveva udito il clamore, finchè quei suoni erano diventati famigliari alle sue orecchie come note di musica. Così pure aveva imparato a conoscere molti dei preliminarii della battaglia, principale fra questi, così pei Greci come pei Romani, il sacrifizio agli Dei. I riti erano uguali a quelli che si celebravano all’inizio di un viaggio, e, per lui, come abbiamo visto, erano sempre un indizio e un preavviso.
Una battaglia possedeva per lui e per gli altri forzati un interesse affatto diverso che per i marinai e i soldati. Per quelli poteva significare vittoria o sconfitta, per gli schiavi poteva arrecare un mutamento nella loro condizione, forse la libertà, certamente un miglioramento.
Quando le tenebre si fecero più dense furono accese le lanterne sulle scale, e il tribuno discese dal ponte. Al suo comando i soldati vestirono le loro armature, le macchine furono esaminate; giavellotti, lancie, e freccie ammucchiati sopra il pavimento, insieme a vasi d’olio infiammabile e pece, e a balle di cotone filamentoso.
Da ultimo Ben Hur vide il tribuno salire sopra la sua piattaforma e indossare l’elmo e la corazza, segni indubbi che il combattimento era vicino.
Ad ogni banco era fissa una catena pesante, e con queste l’hortator cominciò ad assicurare i piedi dei rematori, obbligandoli così all’obbedienza, e precludendo, in caso di disastro, ogni possibilità di salvezza.
Un profondo silenzio si fece nella cabina, rotto dapprima solo dal rumore dei remi giranti nei loro sostegni di cuoio.