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— «E’ molto giovane» — continuò Arrio.

— «Ma è il nostro miglior rematore» — disse l’altro — «Ho veduto il suo remo piegarsi quasi a rompersi in due.» —

— «Come si comporta?» —

— «E’ obbediente; altro non so. Una volta mi chiese un favore.» —

— «Quale?» —

— «Voleva che gli cambiassi posto, alternandolo da destra a sinistra.» —

— «Spiegò le sue ragioni?» —

— «Aveva osservato che gli uomini che lavorano sempre dalla medesima parte diventano deformi. Aggiunse che in un giorno di tempesta o di battaglia avrebbe potuto sorgere la necessità di cambiargli improvvisamente di posto, e allora egli sarebbe stato inservibile.» —

— «Per Pol! L’idea è nuova. Che altro hai osservato in lui?» —

— «E’ più pulito dei suoi compagni.» —

— «In questo egli è Romano» — approvò Arrio — «Non conosci la sua storia?» —

— «Neppure una parola» —

Il tribuno rimase pensieroso alcuni istanti e si volse per tornare al suo posto.

— «Se io fossi sul ponte quando egli ritorna al lavoro» — disse, — «mandalo a me. Venga solo.» —

Due ore dopo Arrio si trovava sotto l’aplustre della galera, nella condizione d’animo di chi, sentendosi trascinato rapidamente verso un evento importante, non può far nulla fuorchè aspettare, condizione d’animo in cui la filosofia investe l’uomo di quella calma ed indifferenza di cui ha tanto bisogno. Il pilota teneva in mano le corde che governavano le due ruote del timone, una a ciascun fianco della nave. Alcuni marinai dormivano all’ombra che proiettava la vela, e in alto, sopra l’antenna, vigilava una sentinella. Alzando gli occhi dall’orologio a sole fisso sotto l’apalustre, che serviva a indirizzare il corso della nave, Arrio vide avvicinarsi il rematore.

— «Il capo ti chiama il nobile Arrio, e mi disse che tu hai chiesto di me. Son venuto.» —

Arrio esaminò la figura, alta muscolosa, colorita dal sole e dal sangue che tumultuava impetuoso nelle vene, la guardò con ammirazione, pensando all’arena; ma il portamento e la voce non rimasero senza un certo effetto. La