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il nome era scritto in lettere cubitali in rilievo; il timone, la piattaforma elevata su cui sedeva il timoniere, maestosa figura ricoperta da un’armatura, la mano sulle corde del timone; e l’aplustre, alto, dorato, scolpito, che si curvava sopra il timoniere come una grande foglia arabescata.

Si udì lo squillo acuto di una tromba, e, dai boccaporti si riversarono sul ponte i soldati, tutti superbamente armati, con elmi di bronzo, scudi e giavellotti scintillanti. Mentre essi si schieravano sul ponte in ordine di battaglia, i marinai si arrampicarono sulle sartie e si allinearono lungo l’antenna.

Gli ufficiali e i suonatori di tromba occuparono i loro posti senza confusione e senza rumore. Quando i remi toccarono il molo, una passerella fu abbassata dal ponte del timoniere.

Il tribuno si volse ai compagni e con una gravità dapprima non dimostrata, disse:

— «Ora mi attende il dovere, o miei amici!» —

Si tolse la corona dal capo e la porse al giuocatore di dadi.

— «Prendi questo mirto, o favorito dalle tesserae! — esclamò. Se ritorno, verrò a riprendere i miei sesterzii: se la vittoria non m’arride, non ritornerò. Appendi la corona nel tuo atrio.» —

Spalancò le braccia agli amici, ed essi vennero ad uno a ricevere l’abbraccio dell’addio.

— «Gli Dei ti accompagnino, o Quinto!» — esclamarono.

— «Salvete!» rispose. —

Salutò con la mano gli schiavi, che agitarono le torcie; poi si volse alla nave, bellissima per l’ordine perfetto del suo equipaggio, in ranghi serrati, coi cimieri che ondeggiavano e gli scudi e le lancie scintillanti. Quando mise il piede sul ponte, le trombe squillarono, e sopra l’aplustre sventolò il vexillum purpureum, bandiera dell’ammiraglio della flotta.


CAPITOLO II.


Il tribuno, ritto sul ponte del timone, con l’ordine del duumviro spiegato nelle mani, parlò all’hortator, o capo dei rematori.