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LIBRO TERZO




Cleopatra.                          ....Se la misura
                                   Del dolor nostro la sua fonte eguaglia
                                   Oh come grande...

(entra Diomede)


                                             E’ dunque morto? Parla!

Diomede. La morte il tiene nei ferrati artigli,
                              Ma non è morto ancora.

Ant. e Cleopatra. — Atto iv. — Scena viii.




CAPITOLO I.


La città di Miseno corona il promontorio dello stesso nome alcune miglia a sud-est di Napoli. Oggi non rimangono che poche rovine ad attestarne l’esistenza, ma nell’anno di grazia 24, al quale trasportiamo ora il lettore, era uno dei porti più importanti del litorale occidentale d’Italia.

Il viaggiatore che si fosse recato al promontorio per godere la vista che esso offriva, avrebbe dovuto salire sopra un muro, e, volgendo le spalle alla città, avrebbe spaziato con gli occhi sulla baia di Napoli, bella allora come oggi; avrebbe ammirata la linea impareggiabile della costa, avrebbe veduto il cono fumante del monte, l’azzurro dolcissimo e profondo del cielo e del mare; ma, abbassandoli verso il mare sottostante, avrebbe osservato uno spettacolo ignoto al turista moderno; metà della flotta Romana di riserva, ancorata ai suoi piedi. Considerata da questo punto, Miseno non sembrava un teatro indegno per l’incontro dei tre padroni di Roma, intenti a spartirsi il dominio del mondo.

In quei tempi il muro era interrotto ad un certo punto in faccia al mare, formando una specie di passaggio cui