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La mano leggermente posata sulla sua spalla destò il misero Giuda, che alzando gli occhi vide un volto che non dimenticò mai più, il volto di un ragazzo della sua età, incorniciato da riccioli castani con riflessi biondi; un volto illuminato da due occhi azzurri, così dolci, così traboccanti d’amore e di santità di propositi da posseder tutta la potenza di un comando e d’una volontà. L’anima dell’Ebreo indurita da giorni e notti di sofferenze, e così amareggiata da abbracciare tutto il mondo nei suoi pensieri d’odio e vendetta, si intenerì sotto lo sguardo dello straniero, e divenne timida come quella di un fanciullo. Appressò il suo labbro alla ciotola e bevve a larghi sorsi. Nessuna parola corse fra di loro.
Quando ebbe terminato, la mano che riposava sulla sua spalla si pose sopra il suo capo e rimase fra i riccioli polverosi il tempo necessario per impartirvi una benedizione; quindi lo straniero riaccostò la ciotola alla pietra della fontana, e riprendendo la sua scure, ritornò al fianco di Giuseppe. Tutti gli sguardi lo seguirono, quelli dei popolani come quelli del decurione.
La scena pietosa ebbe termine. Quando gli uomini e i cavalli ebbero bevuto, la marcia fu ripresa. Ma un mutamento era avvenuto nell’animo del decurione; egli stesso sollevò il prigioniero dalla polvere e lo aiutò a salire sopra il cavallo di uno dei soldati. I Nazareni ritornarono alle loro dimore, e insieme ad essi Rabbi Giuseppe e il suo discepolo.
Così avvenne il primo incontro di Giuda col figlio di Maria.
Fine del libro secondo.