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domandane conto ai soldati, affinchè sappiamo ciò che ha commesso, e chi egli sia.» —

Il volto del Rabbi rimase impassibile; guardò il prigioniero e quindi si avvicinò all’ufficiale.

— «La pace del Signore sia con te!» — disse con inflessibile gravità.

— «E quella degli Dei con voi» — rispose il decurione.

— «Venite da Gerusalemme?» —

— «Sì» —

— «Il vostro prigioniero è giovane.» —

— «D’anni, sì» —

— «Posso domandare ciò che egli ha commesso?» —

— «E’ un assassino» —

Il popolo ripetè la parola con stupore, ma Rabbi Giuseppe proseguì le sue domande.

— «Egli è un Israelita?» —

— «E’ un Ebreo,» — ripetè il Romano seccamente.

La compassione degli spettatori riprese il sopravvento.

— «Io non so nulla delle vostre tribù, ma posso dirvi qualcosa della sua famiglia. Avete sentito parlare di un principe di Gerusalemme, di nome Hur? — Ben Hur lo chiamavano. Visse ai tempi di Erode.» —

— «Io l’ho veduto» — disse Giuseppe.

— «Questi è suo figlio.» —

Vi fu uno scoppio generale di esclamazioni, che il decurione si affrettò a frenare.

— «Nelle strade di Gerusalemme, avant’ieri, egli cercò di assassinare il nobile Grato, lanciandogli una tegola sul capo dal tetto di un palazzo, — dal palazzo di suo padre, credo.» —

— «Lo uccise?» — domandò il Rabbi.

— «No» —

— «La sua condanna?» —

— «Le galere a vita.» —

— «Il Signore lo aiuti» — esclamò Giuseppe, scosso dalla sua immobilità. Nel mentre, un giovane che aveva accompagnato Giuseppe, ma che si era tenuto modestamenta dietro di lui, depose la scure che teneva in mano, e avvicinandosi alla fonte, ne tolse una ciotola piena d’acqua. L’atto fu così tranquillo, che prima ancora che le guardie intervenissero, o avessero voluto intervenire, egli si era già chinato sopra il prigioniero, offrendogli un sorso d’acqua.