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che sono come le società in generale; basta che una bella signora se la sfili, che ognuno prenda il cappello e via in fretta.

Ma spieghiamoci un poco: con quello che ho detto quassù, qualche lettore, non napoletano, potrebbe intendere che la passeggiata si faccia per la via di Posillipo, mentre son tanto pochi quei cervelli bizzarri che la prolungano sin là. Si sa che sino adesso, le colonne d’Ercole del nostro pubblico passeggio sono alla così detta, Maison rouge: proprio dove la strada comincia a divenire deliziosissima. Ma le belle signore e gli eleganti pedoni amano piuttosto correre su e giù per quel nojoso tratto che si stende dalla villa sino a Mergellina, dove non si gode altra vista che quella d’una fila monotona di palazzi, e c’è da restare assordati dal frastuono di migliaja di carrozze che s’incrociano, si rasentano, si sfuggono a vicenda con la rapidità del fulmine. — Non c’è città in cui il divertimento assume contorni più regolari e monotoni che in Napoli.


Un giovane, a cui forse doveva essere antipatico, come a me, l’abituale passeggio alla Riviera, o che forse non aveva da levarsi il cappello nemmeno una volta, al rapido passaggio d’una signora del bel mon-