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— E buon divertimento dunque! Felice notte; ballate molto, signorino: un giro di valzer dippiù per vostra cugina... Io ritorno alla mia malata.
E la buona fanciulla, strisciando un lungo inchino, con un atteggiamento di leggiera ironia, uscì in fretta da quella stanza.
Ella entrò su le punte dei piedi nella camera, dove riposava sua madre. S’avvicinò pian pianino al letto di lei; ne spiò attentamente il respiro; le tastò con massima delicatezza il polso e le tempia; quindi, alquanto soddisfatta di quella sua visita, si sedette ai piedi del letto, e, al poco lume d’una piccola lampada, difesa da una ventola azzurra, si diede a leggere in un suo libriccino non so quali preghiere, con tutta la riconoscenza e tutto l’entusiasmo di un’anima divota.
Circa un quarto d’ora dopo, ella fu scossa dall’urto d’una porta.
— Egli è uscito! — esclamò la povera figlia. — E non badare nemmeno di non far rumore!
Poi s’alzò, e, sempre su le punte dei piedi, corse alla stanza attigua; aprì un tantino la finestra, e sporse il capo in fuori.
— Eccolo che scende... Ah, ah, il signorino sta in giubba!... benissimo, va ad una festa stasera! E non