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66 | candido o l’ottimismo |
piedi del suo liberatore e lo bagnò di lacrime; l’altro lo ringraziò con un segno di testa, e promise di rendergli il danaro alla prima occasione.
– Ma è possibile, diceva questi, che mia sorella sia in Turchia? — Niente di più possibile, riprese Cacambo, giacchè ella lava i piatti in casa di un principe di Transilvania.
Si fecero immediatamente venir due ebrei; Candido vendè nuovamente alcuni diamanti, e tutti si rimbarcarono in un’altra galera per andare a liberare Cunegonda.
CAPITOLO XXVII.
Ciò che accade a Candido, a Cunegonda, a Pangloss, a Martino, ecc.
– Perdono, per questa volta, dice Candido al barone, perdono, mio reverendo padre, di avervi dato una stoccata traverso il corpo. — Non ne parliamo più, risponde il barone: io fui un po’ troppo vivo, lo confesso ma giacchè volete sapere per quale avventura mi avete veduto in galera, vi dirò, che dopo d’essere stato guarito della mia ferita dal padre speziale del collegio, fui attaccato e preso da un partito spagnuolo, e fui messo in prigione a Buenos-Aires nel tempo che mia sorella ne partiva. Chiesi di tornare a Roma presso il padre generale, e fui nominato per servire quale elemosiniere a Costantinopoli l’ambasciatore di Francia. Non erano otto giorni ch’io era entrato in funzione, quando trovai sulla sera un giovine turco; facea molto caldo; il giovine volle bagnarsi, ed io presi quell’occasione per bagnarmi anch’io. Io non sapea che fosse un delitto capitale per un cristiano l’esser trovato nudo con un giovine musulmano; un cadì mi fece dare cento bastonate sotto le piante de’ piedi, e mi condannò alla galera. Io credo che non possa darsi una più orribile ingiustizia. Ma vorrei sapere perchè mia sorella è nella cucina d’un principe di Transilvania, rifugiato fra’ Turchi?
— Ma voi, mio caro Pangloss, come può darsi che io vi riveda? — È vero, dice Pangloss che voi mi avete veduto impiccare; io dovea naturalmente esser bruciato, ma vi ricorderete che piovve a distesa, allorchè si volea cuocermi; la tempesta fu sì violenta, che si disperò di accendere il fuoco; fui impiccato, perchè non si potea fare di meglio; un chirurgo comprò il mio corpo, e mi condusse a casa sua per notomizzarmi. Mi fece tosto un’incision crociale dall’ombelico fino alla clavicola. Io non potea essere stato impiccato peggio di quel che lo era: