Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
parte prima. | 61 |
Ei si voltò, e vide Cacambo. Non v’era che la vista di Cunegonda, che potesse stupirlo d’avvantaggio; ei fu sul punto d’impazzire dall’allegrezza: abbraccia il caro amico.
– Cunegonda è qui senza dubbio; dove è ella? menatemi da lei, ond’io con lei muoja di gioja.
— Cunegonda non è qui, rispose Cacambo; ella è a Costantinopoli. — Cielo! a Costantinopoli! ma foss’ella anche nella China, io vi volo, partiamo.
— Partiremo dopo cena, ripigliò Cacambo, non posso dirvi di più: io sono schiavo, il mio padrone mi aspetta, bisogna ch’io vada a servirlo a tavola; non fate parola, e tenetevi pronto.
Candido, fra l’allegrezza ed il dolore, felice d’aver riveduto il suo fedele agente, stupito di vederlo schiavo, pieno dell’idea di ritrovare la sua amata, col cuore agitato, coll’animo scomposto, si mette a tavola con Martino (il quale non si scompose a tutte quelle avventure) e co’ sei forestieri che eran venuti a passare il carnevale a Venezia.
Cacambo, che dava da bere ad uno di que’ tre forestieri, s’avvicina all’orecchio del suo padrone sul fin della tavola, e gli dice: — Sire, vostra maestà partirà quando le piace; il bastimento è pronto.
Dette queste parole esce. Stupiti i convitati si guardavano l’un l’altro, senza far parola; quando un altro domestico, avvicinandosi all’altro suo padrone, gli dice: – Sire, la sedia di Vostra Maestà è a Padova, e la barca è pronta.
Il padrone fa un cenno e il domestico parte; i convitati tornano a guardarsi, e raddoppia lo stupore di tutti. Un terzo servo, avvicinandosi pure a un terzo forestiero gli dice: — Sire, vostra maestà faccia a mio modo, non si trattenga di più: io vado a preparare il tutto.
Tosto sparisce.
Candido e Martino non ebbero più dubbio allora che quella non fosse una mascherata da carnevale. Viene un quarto domestico, e dice a un quarto padrone:
– Vostra maestà partirà quando vorrà; e parte. — Un quinto domestico dice altrettanto a un quinto padrone; ma il sesto servo parla direttamente al sesto forestiero, che era accanto a Candido e gli dice: — In fede mia, sire, non si vuol dar credenza a vostra maestà, e neppure a me, ed io e voi potremmo esser benissimo carcerati in questa notte: io vado a provvedere a’ miei affari: addio.
Spariti tutti i domestici, i sei forestieri, Candido e Martino, restarono in un profondo silenzio; infine, proruppe Candido: — Signori, questa è una burla singolare: per-