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parte prima. | 53 |
E qui impegnato dal piacere di ciò che amava, contò secondo il suo uso una parte de’ casi suoi con quella illustre wesfaliana.
– Io credo, disse l’abate, che Cunegonda, abbia molto spirito, e che ella scriva delle lettere graziose. — Io non ne ho mai ricevute, disse Candido, perchè figuratevi che, essendo stato scacciato dal castello per amor di lei, io non potei scriverle: che immediatamente dopo, seppi che ella era morta: che in seguito la ritrovai e la perdei, e che le ho inviato un espresso lontan di qui duemila e cinquecento leghe, e ne aspetto la risposta.
L’abate ascoltava attentamente, e pareva un poco pensieroso; ei si licenziò finalmente dai forastieri dopo averli teneramente abbracciati; il giorno appresso riceve Candido, all’alzarsi dal letto, una lettera concepita in questi termini:
«Signore; amante mio carissimo, sono otto giorni che sono ammalata in questa città; so che voi vi siete; volerei nelle vostre braccia, se io potessi muovermi: ho saputo il vostro passaggio a Bordeaux; io vi ho lasciato il fedele Cacambo, e la vecchia, che devono ben tosto seguirmi. Il governatore di Buenos-Aires ha preso tutto, ma mi resta il vostro cuore. La vostra presenza o mi renderà la vita, o mi farà morir di piacere.»
Questa graziosa lettera, questa lettera inaspettata trasportò Candido in una gioja inesprimibile, e la malattia della sua cara Cunegonda lo oppresse di dolore; diviso così fra un sentimento e l’altro, ei prende il suo oro, e i suoi diamanti, e si fa condurre con Martino all’albergo ove dimorava Cunegonda. Ivi entra tutto tremante, tutto agitato; gli palpita il cuore, singhiozza, vuole aprire le cortine del letto, vuol far portare il lume. — Avvertite di non farlo, gli dice la servente: il lume l’ammazza, e immantinente ella serra la cortina — Mia cara Cunegonda, dice Candido piangendo, come state? Se voi non potete vedermi, parlatemi almeno. — Ella non può parlare, dice la servente.
La dama allora leva una mano pienotta, e Candido la bagna di lacrime; l’empie in seguito di diamanti, e lascia sulla sedia un sacco d’oro.
A mezzo i suoi trasporti giunge il bargello seguito dall’abate perigordino e da una squadra. – Questi son dunque, dic’egli, que’ due forastieri sospetti?
Ei li fa tosto legare, e ordina ai suoi famigli di condurli in prigione. — Non si trattan così i forastieri nell’Eldorado, dice Candido. — Io son manicheo più che mai, dice Martino. — Ma, signore, dove ci conducete? soggiunse Candido. — In un fondo di segreta, risponde il bargello.
Martino, riprendendo la sua mente fredda, giudicò che