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stro Pangloss, che altre volte sono accaduti simili accidenti, e che avean prodotto degli Egipani, de’ Fauni, dei Satiri, stati veduti dai più gran personaggi dell’antichità; ma io la credeva un favola. — Ora dovete esserne convinto, disse Cacambo. Quel che io temo per altro, è che quelle dame non ci pongano in qualche imbroglio.

Queste solide riflessioni determinarono Candido ad abbandonare la prateria, e ad internarsi in un bosco, ove cenò con Cacambo, e dopo d’aver ambedue maledetto l’inquisitor di Portogallo, il governator di Buenos-Aires, e il barone, si addormentarono sull’erba. Al risvegliarsi sentirono che non si potean muovere, e la ragione era che nella notte gli Orecchioni abitanti del paese, ai quali erano essi stati accusati dalle due dame, li avevano ammanettati con corde di scorza d’albero. Si videro noi attorniati da una cinquantina d’Orecchioni armati di frecce, di clave, e di asce di sasso; gli uni facean bollire una gran caldaja, gli altri preparavano degli spiedi gridando tutti: — È un gesuita, è un gesuita, noi saremo vendicati; e faremo un buon pasto, mangiamo un gesuita, mangiamo un gesuita!

– Io ve l’aveva detto, mio caro padrone, grida afflitto Cacambo, che quelle due giovani ci avrebbero fatto un cattivo tiro.

Candido, scorgendo la caldaja e gli spiedi grida: «Noi certamente saremo arrostiti e lessati. Ah, che direbbe il maestro Pangloss s’egli vedesse come la pura natura è fatta? Tutto va bene; lo sia pure, ma io provo che è cosa crudele l’aver perduta la bella Cunegonda, e l’esser infilato su uno spiede dagli Orecchioni

Cacambo non si smarrì mai: — Non disperate di nulla, diss’egli all’afflitto Candido: io intendo un poco il gergo di questi popoli. — Non lasciate dice Candido, di far loro vedere qual orribile inumanità è quella di cuocer gli uomini, e che non è da cristiani.

— Signori, dice Cacambo, voi credete dunque di mangiar oggi un gesuita: benissimo fatto; niente v’è di più giusto che il trattar così i propri nemici; in fatti il diritto naturale c’insegna ad uccidere il nostro prossimo, e questo si costuma ancora in tutta la terra. Se noi non usiamo del diritto di mangiar gli uomini, è perchè abbiamo d’altra parte di che scialare, ma voi non avete il medesim rinfranco di noi; certamente è meglio mangiare i suoi nemici, che abbandonare ai corvi e alle cornacchie i frutti di sua vittoria; ma, signori, voi non vorreste mangiar il vostro amico, voi credete d’infilare e arrostire un gesuita; ed egli è un vostro difensore, un nemico de’ vostri nemici: per me, io son nato nel vostro paese, e questo signore che vedete è mio padrone; che ben lungi d’es-