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Nella Storia di Carlo XII ha il merito di trattare di un eroe dotato di grandi virtù guerresche senza lodare le guerre: fatto istoriografo di Francia scrisse il Secolo di Luigi XIV, opera superficiale e tutta panegirico. Una commediola fatta per la bella signora d’Etoile, che diventò poi marchesa di Pompadour, gli procacciò il favore di questa favorita reale che lo fece nominare gentiluomo di camera del re, colla facoltà, che caratterizza l’epoca corrotta, di vendere la carica per far danaro, e di conservarne il titolo.
Federico, re, di Prussia, che aveva pretese di letterato, lo chiama alla sua corte, lo fa ciambellano, lo carica di croci, gli regala 20 mila lire all’anno di pensione: colà Voltaire visse tranquillo alcun tempo quando fu perduto dalla sua maligna lingua. Un giorno stava correggendo l’opera di uno scrittore, quando il re gli mandò alcuni versi da lui scritti perchè li rivedesse. «Mio caro, disse Voltaire allo scrittore ch’era con lui: uno alla volta; ecco il re che mi manda la sua biancheria sporca da lavare: laverò la vostra dopo.» Il motto fu riferito a Federico; e questi, offeso nella sua doppia vanità di re e di letterato, gli mandò a ritirare la chiave di ciambellano. Nel renderla, Voltaire vi aggiunse un epigramma, nel quale diceva che «la restituiva con dolore, come l’amante geloso, in un momento di cattivo umore, rende il ritratto della sua bella.» La chiave gli fu rimandata, ma Voltaire partì da Berlino.
Dopo varie vicende lo troviamo a Ferney, signoria ch’egli acquistò perchè era franca d’ogni servitù e assolutamente libera. Quella terra era stata danneggiata dalla revoca dell’editto di Nantes, impolitico atto d’intolleranza che privò la Francia di operosi protestanti e quando Voltaire comperò, il castello, non v’erano che alcune capanne abitate da quarantanove contadini. Egli fece costruire cinquanta case in pietra, ajutò i contadini, accolse i perseguitati d’ogni paese che a lui ricorrevano e in pochi anni il borgo ridivenne popoloso e fiorente per industria. Là vivevano in pace protestanti e cattolici; e rispettando le vicendevoli credenze, si ajutavano perfino nelle funzioni dei rispettivi culti. E intanto il nostro filosofo scriveva il Trattato della tolleranza.