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Pregi e difetti. 143

correggere un tal cavallo, e quindi non crediamo molto pratico il consiglio dato dall’altro proverbio, che predica l’uso di un buon bastone. I mezzi coercitivi, il più delle volte, non fanno che irritare maggiormente l’animale. Alle parole fallo con Dio puossi dare anche altra interpretazione e cioè: chi fa diventar restìo il cavallo commette una grave colpa. Come può avvenir ciò? Coi castighi non meritati, colle pretese eccessive, colla nessuna perizia nell’addestrare. In questo caso chi di un puledro fa un caval restìo, merita biasimo ed il proverbio paragona il suo operato al peccare con Dio. In fine può anche ritenersi la parola fallo come derivante dal verbo fare, e starebbe a significare che di un tal cavallo bisogna disfarsene. Senofonte nel suo trattato sulla cavalleria, dice che: «il cavallo indocile e restio non serve che al nemico.»

26. Caval rognoso non vuol lasciarsi strigliare.

Il cavallo affetto da malattia cutanea, è irrequieto, stizzoso ed insofferente della striglia.

27. Caval senza coda, di poco valore.

Questo proverbio era naturalmente di molto peso nei tempi andati quando si usava adornare le code dei cavalli con nastri annodati, o con altri fronzoli; poco stimato era quindi il cavallo senza coda. Più di una volta mi è avvenuto di vedere dei contadini tirare fortemente la coda di un cavallo prima di farne acquisto, e cercare di sollevarla; essi dicono che la resistenza che oppone il cavallo a muoversi, quando è tirato per la coda, e a lasciarsela alzare, è indizio della sua forza. Oggidì è molto in uso l’amputazione di una parte della coda, affine di ottenere che sia portata orizzontalmente e per dare distin-