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gran difficoltà ad apprendere lingue che non ne presentano alcuna per popolazioni parlanti una lingua a quelle più affine.

Non cenniamo che di volo alle rivalità nazionali perchè ognuno può da sè di leggieri comprendere quale impedimento esse sole porterebbero all’accettazione di una lingua non nuova come lingua universale. E ciò non solo a proposito di lingue moderne, poichè non v’ha lingua estinta che non desterebbe rivalità nella applicazione all’uso universale.

Si potrebbe poi obbiettare se il Volapük realmente si presti a tutte le pronunzie e se pronunziato ad esempio da un Arabo possa esser compreso da un Francese o da un Inglese.

La questione apparentemente grave cade da sè quando si osservi che lo Schleyer per quanto era fattibile mirò appunto a piegare il Volapük alla possibilità di una generale pronunzia. Ciò che di leggieri si comprenderà se si pon mente al fatto che il Volapük evitò quelle voci la cui pronunzia riesce impossibile a certi popoli, e che in esso ogni lettera conserva un unico ed invariato suono evitando quelle gradazioni, quelle sfumature di pronunzia che sono nelle maggior parte delle lingue attuali.

Altra obbiezione potrebbe ancora esser fatta, quella che per l’istinto innato d’ogni popolo di adattare alla propria natura la lingua parlata non si finisca per introdurre nel Volapük tali variazioni da togliergli quel voluto carattere di generalità.

Ciò avverrebbe senza dubbio ove ognuno si credesse autorizzato a far passare nel Volapük i suoi idiotismi. Gli è certo che il più rigido rigorismo deve difendere una lingua avente carattere generale. Del resto non sarebbe tale inconveniente solo inerente al Volapük, ma comune a qualsiasi lingua. Dovendo ad esempio esprimere in italiano l’'how do you do? anglo-sassone o il francese comment vous portez vous? si dirà: come state? poichè traducendo letteralmente il saluto inglese, certo l’interpellato in tal guisa stralunerebbe gli occhi. A ciò si aggiunga poi che la lingua nazionale è molto più sottoposta all’uso continuo del volgo che non una lingua universale, per cui questa in ogni caso sarebbe meno esposta di quella alle trasformazioni portate dall’uso.