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DUUMVIRÀTO. | — 411 — | ECCÈDERE. |
Fatto dai duumviri: c Leggi duumvi- rali: — Potestà duumvirale. a — Dal lat. duumviralic.
Duumviràto. a. m. T. ator. Magi- strato composto di dne cittadini: c ll governo dei consoli era a Roma un vero duumvirato. a || Il tempo che du- ra tal magistrato: c Mori sotto il duumvirato di Adriano.»— Dal lat. duumviralua.
Duùmviro. a. m. T. nor. Ciascuno dei due cittadini che formavano il dnumvirato: c I dnnmviri furono or- dinati la prima volta per gindiearei delitti di Stato. a — Dal lat. duumvir.
E.
È. Lettera vocale, quinta del _no- stro alfabeto, ed è di gen. femmini- le. Il suo suono ora. è aperto, come in Celebre. Oèlla: ora e chiuso, come in ,C'éra, Cesto. .
' E. cong. che dinanzi a parola in- eominciante per vocale prende fre- nentem. dopo di se nn d, e fa __Ed. gerve ad uuire più proposizrom, _o più parti o termini di nna _prop_osr- zlone; ed altresl due periodi. Il Ripe- tuta, per la figura di polismdcto, di- nanzi a più termini eongeneri di una proposizione, nou solo li nnisce, ma richiama particolarm. sopra a cia- scuno di essi l'attenzione del letto_re o dell’uditore: «Avevamo i nemici (scrive Cesare) e di fronte e alle spal- le e ai flanchi, e insomma da tutte le parti. a Tacesi, per la figura contraria dell'asindeto, per dar maggior celeri- tà al discorso: c Di qua, di la, di giù, di sn li mena. a“ Talora da maggior forza ed evidenza al concetto: c Poi- ehè volete che io ve lo dica, e io ve lo dirò. a || Tal altra serve ad interro- gare eon maggior forza: c E chi v’ha etto questo? — - E che volete? — E che ci posso far io?» ||Ed anche a ren- dere più spiccata l'antitcsi, e vale Invcce, Al contrario: c Qnando credo che si metta al buono, edein allora fa peggio: — Credevo d‘abbracciar lui, e abbracciavo un altro. a i] E pur con valore antitetico, sta per Non- dimeno, Eppure: c Gli. volevo tanto bene, ed ha avuto il coraggio di of- fendermi. r || Ed anche per Sebbene, Quantunque: «Vedi che non m’in- guieto alle tue parole, e ci sarebbe i ehe. a H Premessa all’avverbio Poi, forma con esso una maniera antite- tica: «Mi da buone parole, e poi, uando si viene ai fatti, e’ si tira. in ietro. a || Spesso indica la contempo- raneità di due azioni, e vale Nell’ atto medesimo: c Quando io andavo, e lui andava; quando io mi fermavo, e lui si fermava.» || Interponesi poi tra le voci Tutti e Tutte e un adicttîvo nu- merale, come Tutti e due o Tutt'e due, T ult'î e cento o Tutt’e cento, ove è da notare, pcr regola dei non To- seani, che se ercdono toscanizzare dicendo Tutt’a due, Tutt'a cento ec., come diceva un Segretario della Cru- sca, toseanizzano si, ma al modo de' contadini. || Si compone con alcuni av- verbj, come Bene e Pure, e formale voci congiuntivo Ebbene, Eppure, che pur si scrivono anche disgiunte, E bene, E pure. Ma lo scrivere Ep- oi, Epperò, Egereiò, Eccome per poi, E però, perciò, E come non è modo da eonsigliarsi.— — Dal lat. et.
E'. È il pronome personale Ei, e spesso nel parlar toscano non è altro che un riempitivo per vaghezza di discorso, e accenna altrcsl a cosa usandosr spesso nelle proposizioni impersonali: c E'mi disse; E‘ mi fece: — E'si dice, E'si congettura, ec.,
Ebanista. a. m. Arteflce che fa la- vori di ebano, od anche di altro le- gname di pregio, per mobili od og- getti gentili, come stipi, cofanetti, cornici. (nista.
Ebanisterla. a. f. Ofl‘ieina di eba-
Ebano. s. m. Albero che nasce nelle Indie ed altrove, il cui legno molto compatto e incorruttibilc e dentro nero e fuori del eolor de bossolo.“ Il legno di esso albero, di cui si fanno mobili assai pregiati: c Un cofanetto d’ebano: -Un flauto d' ebano: — Intar- siato d’ ebano. r || Esser nero come t' e- bano, dicesi di cosa molto nera; ma non dircbbesi che per modo di lode, come capelli che paiono ebano, e si- mili. -— Dal lat. ebenua, gr. èflevog.
Ebbene. Particella congiuntiva che indica concessione: c Ve ne volete an- dare? Ebbene, andatevene:— Ebbe- ne, farò come volethIIE nelle in- terrogazioni incalzanti: c Ebbcne, che fu di poi?-Ebbcuc, che ne dite voi?» || E pure in modo interrogativo, talo- ra ha senso di Contuttociò: c Gli ho detto tutto quello che li poteva di- re un amieo; ebbene, c e ho profit- tatp? .
Ebbio. a. m. Specie di pianta erba- cea, di grave odore, detta volgar- mente Sambuco salvatieo.— Dal lat. ebulus.
Ebbrézza. s. f. L'esser ebbro, Con- dizioue di chi è ebbro; eomunem. Ubriachezza. i: fig. recasi anche a si- gnificati morali, dicendosi Ebbrezza
ella mente, Ebbrezza de’aensi, e si- mili modi. che sono talora veramente ebbri, e da ebbre fantasie.
Ebbro. ad. Ubriaco: del nobile lin- guaggio, e trasportasi anche a sensi morali: «Ebbro di gioia; Ebbro (li se stesso. t H In forza di soat. Uomo ebbro.— Dal lat. ebrius.
Ebetàggine. a. f. L'essere ebete, Impecillita di mente.
Ebete. ad. usato anche in forza. di sost. Imbecille di mente; e più spesso si nsa. abusivam. o per modo d‘iugiu- ria: «Lo danno per un genio; ma per me e un cbctc: - Chétati, ebete. a — Dal lat. hebea.
Ebetismo. s. m. Stato e condizione di ebete.
Ebolliziòne ed Ebulliziòne. s.f. Vio- lenta agitazione delle molecole di un liquido per l'eflicacia del fuoco o per mescolamento di qualche sostanza ; ed è più che altro termine dei Chimici. — Dal lat. rbullitio.
Ebraieaménte. avv. In lingua ebrai- ca, o Al modo e all'usanza. degli Ebrei: c Parla ebraicamente:— Ebrai- camentc si diec Adonai.» . fig. e l'ami- liarm. Con sovcrchio rigore: «Stanno ebraicamente attaccati alla parola, ì più spesso Giudaicamente.
Ebraicista. s. m. Chi è dotto della lingua ebraica.
Ebraico. ad. Di o Da. cbreo.'|In forza di sost. Lingua ebraica: c Sa di greco, sa d‘ebraico, di siriaco e di ealdaîeo; sa insomma tutte le lingue dell’antichità, meno la propria.» — Dal lat. hebraicua.
Ebraismo. a. m. Religione degli ebrei, Giudaismo. || Voce o Locuzione propria della lingua ebraica.
Ebraiììare. inlr. Aderire ai senti- mcuti religiosi degli ebrei. [Usare maniere proprie della lingua ebraica. l’art. p. Enumzzm‘o.
Ebrèa.fem.di Ebreo; Donna ebrea: c È un’ ebrea fatta cristiana.»
Ebrèo. a. m. Israelita.1_ ll popolo ne ha fatti alcuni modi, nessnno dei quali agli ebrei onorevole. Chiamasi adunque Ebreo nn Uomo tirato e sor- dido: c Figurati, e caduto in mano di qucll'ebreo:-Che volete sperare da
ucll‘ebreo? r “Ebreo, dicesi anche
'olni che da i danari col pegno in mano, e molti di questi in passato solevano tener bottega di rigattiere e vendere, scaduto il tempo, i pegni avuti: c Se volli tornarmene a casa, bisognò che impegnassi dall' ebreo la giubba lunga. DHUu giocatore, che abbia disdetta al giuoco, dice che nel suo osto c'è morto un ebrea-Dal lat. ebrwus. (ebrean
Ebreo. ad. Ebraico: c Una donna
Ebrietà. a. f. Stato di ebbro' comu- ncm. Ubriachezza. — Dal lat. ebrietas.
Ebulliziòne. V. EBOLLIZIÒNE.
Ebùrneo. ad. Di avorio. || Candido come l'avorio; ma e voce de'poeti,ì quali cantano l'eburneo coIlo e le eburnee braccia della loro bella. — — Dal lat. eburneus.
Eeatòmbe. a. f. T. alor. Saerifizio di cento eapi di bestie della stessa specie, ma specialm. di bovi: c Pita- gora, dopo aver trovato la soluzione del noto teorema, sacriflcò agli Dei un’ ecatombe. a — Dal lat. hecatombe, gr. 51441:6qu
Eceedenteménte. avv. In modo ec- cedente, Con eccesso.
Eccedènza. a. f. L’eccedere, Ee- cesso."1- improprio l'nsarlo per Avanzo, Resto, Il di più, come: c Fatti i conti, la eccedenza si segnerà nel conto nuovo. a
Eceèdere. tr. Sopravanzare, Pas- sare una. data misura, quantità, pe- so: c Eceèdc la misura di due een- timetri: — Eccede di parecchio: — Questa quantità eccede quest'altra. o || fig. Sopravanzare, Superare: c Quel lavoro eccedètte le mie forze. a -'| Oltrepassare i limiti, cosl ncl proprio come nel fig.,- nel qual senso usasi anche assolutain.: «Il Prefetto, fa- cendo ciò, ha. ecceduto i limiti del suo potere: — Ecccde in ogni cosa: — Non bisogna eccedere:— Quando ee- ecde, Cangiata in vizio ogni virtù si vede.» Pari. pr. ECCEDENTE." In forma d'ad.: c Quantità eccedente, Peso eccedente:-Somma non eree- dente le mille lire.» 71mm. Interval- lo maggiore, accresciuto d‘un semi- tono. Part. p. Eccnnuro.— -Dal lat. excedere.