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– III –


dialetto napoletano in particolare.

Non parlo di quelle quistioni su cui i buoni lessicisti son di accordo: come a dire di non trar fuori se non parole isolate e non frasi e modi di dire e modi avverbiali, di porre i participii sotto i verbi rispettivi, i superlativi sotto gli aggettivi da cui nascono, ec. Queste omai son cose giudicate, e per chi fa un vocabolario è vergogna ignorarle.

La prima vera difficoltà che si è presentata è quella dell’ortografia. Nel registrare le voci e nell’allegare gli esempii bisognerà seguire l’ortografia di ciascuno autore o adottare una sola ortografia per tutti?

Benchè l’uno e l’altro metodo possa mettere innanzi i suoi vantaggi, io mi sono attenuto al secondo. Se si trattasse di una raccolta degli scrittori del dialetto, forse si potrebbe discutere l’utilità di seguire l’ortografia che ognuno di loro volle adottare nelle edizioni da essi curate, il che non fece neppure il Porcelli. Si parla, p. e., dell’ortografia del Capasso, quando è risaputo ch’egli nulla pubblicò, e che l’ortografia che a lui si attribuisce è quella che piacque ai suoi editori. Ma qui trattandosi di un lavoro ove gli autori sono citati, ho creduto che l’uniformità fosse da preferire.

Or quale sarà questa ortografia uniforme? Qui ricominciano le difficoltà.

Vi sono delle varietà ortografiche che non ledono nè mutano la pronunzia: in altri termini, gli stessi suoni sono espressi da elementi diversi. In questo caso la scelta non può essere dubbia quando si preferisca la scrittura che ha maggiore semplicità e più si avvicina a quella della lingua comune. Così io non registrerò shiore, shiummo, ec, ma si sciore, sciummo, ec.; nè ommra, mmrejana, ma si ombra, mbrejana e simili.

Ma dove la pronunzia varia, il modo di scrivere non può essere un solo, e però la varietà di scrittura nel corpo della parola dev’essere accolta.

Quindi la vera, la grande quistione sta nel raddoppiamento delle consonanti iniziali. Discorriamone un poco.

Vi sono parole che di loro natura hanno questo raddoppiamento, e per queste non v’ha dubbio che debba essere conservato. Se non che la cosa è facile per un napoletano quanto alle voci tuttora viventi ed usate; non cosi per quelle andate in disuso. Più, vi sono parole che trovansi negli scrittori or col raddoppiamento (senza potersi attribuire alla parola che precede) or colla consonante semplice; ed in questo caso bisogna registrarle nell’uno e nell’altro modo, o lasciare al vocabolarista una discreta libertà di scelta. È però quando trattisi di voci tali che hanno quel raddoppiamento di consonanti iniziali che io chiamerò naturale, bisogna che chi fa uso di questo vocabolario non trovandole scritte nell’un modo abbia la pazienza di cercarle nell’altro. Queste consonanti che si possono raddoppiare in principio di parola si restringono a poche.

Ma oltre a questo raddoppiamento iniziale naturale, ve n’ha uno accidentale che accade cioè in forza della voce che precede a quella in cui ha luogo. Or questo raddoppiamento accidentale è stato da me affatto eliminato per le seguenti ragioni.