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to, che tali derivativi posson formarsi, ma non già tutti, secondo una medesima analogia. E in questi, per li non pratichi dell’uso, il non s’arrischiar, senza esemplo di buona scrittura, è forse il migliore.
De’verbi irregolari dopo ch’e’ son tratti fuori nel loro Infinito, non si sono detti immediatamente tutti i variamenti de’ tempi loro. Come al verbo uscire non s’è detto, ch’e’ faccia nell’Indicativo esco, esci, esce, usciamo, ec. Ma s’è proccurato, per quanto è stato possibile, che vi sieno tanti esempli, che tutti quanti gli manifestino.
Proprietà della nostra lingua è di sfuggire il concorso di consonanti, e perciò, quando alle voci quando alle voci comincianti da S, con un’altra consonante allato, preceda una parola terminata in lettera non vocale, a cotal voce, cominciante da S, sarà aggiunta avanti la lettera I: come in ispirito, con isperanza, per ischerno: delle quai voci si dovrà cercare alla lettera S, ritrovandovisi per accidente quell’I.
Quando una voce non ha seco dichiarazione ne altro segno, va attaccata, e pertiene alla voce di sopra: come in accademico, accarnire.
Se in qualche esemplo si troverrà (benchè pochissime volte) voce non tirata fuori, ne dichiarata, n’è stato cagione il non averla noi avuta in stima; s’è fatto ragione, che serva per semplice intelligenza di quell’esemplo. Potrà anche forse esser talvolta accaduto, che nella dichiarazion delle voci, abbiamo usato qualche vocabolo, per difetto di memoria, non tratto fuori all’ordine dell’Alfabeto.
Delle lettere, o vero elementi di questa lingua, non s’è fatto discorso particolare, se non per quanto si può così rozzamente darne un poco di regola nel pronunziargli all’usanza nostra, stimando noi, che dove eglino sono gli stessi, che que’ de’ latini sarebbe stata cosa superflua. E perchè i suoni della nostra pronunzia sono di maggior numero, che i caratteri, pareva che fosse più lungo trattato a ciò necessario, che non comporta l’ordine del nostro libro. Potrà fra tanto ciascuno vederne quello, che di ciò hanno scritto il Cavalier Lionardo Salviati nel 3. libro del primo volume degli Avvertimenti della lingua, e nel proemio avanti al Decameron del Boccaccio. Giorgio Bartoli nel trattato degli elementi Toscani, e alcuni altri che hanno fatto professione d’esaminar diligentemente questa materia.
Molte cose son dichiarate più minutamente peravventura, che a molti non parrebbe si richiedesse, ma cio s’è fatto a maggior notizia e intelligenza de’ forestieri.
Dietro al libro sarà l’Indice di tutte le voci e locuzioni latine, adoperate in questo volume. E un’altr’Indice delle voci, e locuzion greche. E un simile de’ proverbi latini, e Greci. La maniera di servirsi di quest’indici è dichiarata avanti di essi.
Per esser trascorsi per molte cagioni alcuni errori sì della stampa, come del copiatore del libro, come è costume (e massimamente in sì gran viluppo di cose) s’è fatto nota di parte de’ più notabili, con le loro correzioni in un foglio, al fine del libro, i quali preghiamo il lettore, che da prima voglia emendare, acciò non abbia occasion di riprenderci: e col suo giudicio ancora corregga gli altri, da noi forse non avvertiti.
Questo è quello, graziosi lettori, che c’è sovvenuto, per vostro avvertimento, e per nostra scusa, intorno a questa nostra fatica, la quale speriamo, che non vi sarà, discara, se non per altro, almeno, per averla noi espressamente durata, per giovare a chi n’ha bisogno, e per compiacere a chi n’ha vaghezza, senza punto di pretensione di stringere alcuono a riceverla, più di quello, che gli detterà il suo giudicio.
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