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Ne’ puri termini, non ci siamo guardati d’usar parole de’ professor di quella scienza, o vero arte, ancorchè non pure latine. E nelle parole attenenti a religione, ci siam serviti delle latine degli Autor sacri. Come alla voce contrizione, e così circa a nomi dell’erbe, piante, ec. ci siamo confermati co’ più autorevoli semplicisti: come alla voce cuscota, ec.

Proverbi, o detti proverbiali latini o Greci, che corrispondono a’ nostri, o che gli dichiarano, si sono per lo più, messi.

Quando abbiamo conosciuto, che alcuna voce latina, o greca abbia dato origine a qualche nostro vocabolo, ce ne siamo serviti, ancorchè d’autori più bassi: e per veder l’Autore, o ’l discorso fattovi sopra, si è citato detto Autore, o il sopraddetto Flos Italicæ linguæ: dichiarando però, che dell’origini, che son comunissime, non s’è fatto menzione alcuna.

Nelle voci latine, e Greche abbiamo inteso principalmente all’agevolezza, per la ’telligenza della nostra lingua, e non all’esquisitezza di quelle.

Quanto a regole, precetti, o minuzie gramaticali, non essendo questo luogo da doverne trattare, ex professo, ce ne rimettiamo a quello, che n’ha scritto il Cavalier Lionardo Salviati, il quale, talvolta abbiamo citato ne’ suoi Avvertimenti della lingua: come nella voce accento. E il medesimo dicesi delle particelle, segni de’ casi, e di simiglianti.

Nell’ortografia abbiam seguitato quasi del tutto quella del soppraddetto Salviati, parendoci di presente non ci avere, chi n’abbia più fondatamente discorso.

Per neutri, o di significazion neutrale, intendiam que’ verbi, che dopo di se non hanno il quarto caso, come paziente. E, quando s’è detto neutro passivo, s’intenda che cotal verbo, nel descritto significato, necessariamente si costruisce nel numero del meno, con le particelle mi, ti, si, E con quest’altre ci, vi, si, nel numero del più: come per esemplo. Il verbo adirare, nel suo più comune significato, non può usarsi se non con una di tali particelle allato, o poco lontana: dicendosi adirarsi io m’adiro tu t’adiri, tu ti vuoi adirare, quegli s’adirerà, noi non doviamo adirarci, voi v’adirate, quegli adirerannosi, o s’adireranno, e così negli altri luoghi di detto verbo, e de’ suoi simiglianti: come avvedersi, accorgersi, vergognarsi, peritarsi, ec.

Tra le facultadi, che ha conceduto l’uso a questo linguaggio, ci è quella del poter formar dalle voci il superlativo, il diminutivo, l’accrescitivo, il peggiorativo, vezzeggiativo, avvilitivo, verbale, il paticipio, e altri: della proprietà e conformità delle quali parti, con l’altre due lingue, vedi più distesamente nel Flos Ital. Linguæ. Lib. 2. come per esemplo, da salvatico ne può venire salvatichissimo, salvatichino, e salvatichetto, e salvaticuccio, o salvaticuzzo, salvaticone, salvaticotto, salvaticaccio, e salvaticonaccio. E da Tristo, oltre a’ soppraddetti, ne viene Tristrello, Tristanzuolo, e da Ribaldo, Ribaldello. E dal verbo Testare si forma Testatore, e da sollazzare sollazzatore, e da fare faccente, facitore, fazione, fattura, facimento, faccenda e molte altre simili a queste: le quali voci derivate ne’ detti modi, non si troverranno così tutte per avventura nel nostro Vocabolario. Ma non per questo dee aver credenza il lettore, che noi n’abbiamo diffalta. Ma e ben da avvertir sopra queste, che non comporta l’uso di questa lingua, ch’elle si formin tutte ad un modo, e secondo una medesima proporzione. Imperciocchè non igualmente da ogni nome si forma superlativo, diminutivo, e gli altri: ne da ogni verbo il verbale, o ’l participio ad una stessa maniera. Per esemplo: da duro si forma Durissimo, duretto, durotto, e duraccio, ma non già duruccio, durino, durello, e durone, se non se forse per ischerzo. Ne da venire si formerà venitore, ne da mangiare mangiazione, o mangevole, ma dirassi, in quel cambio, mangiamento, mangereccio e simili, come l’uso ne può insegnare. E serva ciò per avvertimen-


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