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prendendo però il nome di difinizione larghissimamente, e come comprendente, sotto di se, la descrizione, e dichiarazione. Però non sono tal’ora tanto filosofiche, e proprie, quanto si converrebbe a perfettamente trattarne, e per professione: e di queste alcune dagli esempli stessi degli Autori, ci sono state somministrate.
Troverrannosi alcune voci non dichiarate, ma però avranno sempre la difinizione, o dichiarazion propria nel primo esemplo, come alla voce curiosità, liberalità, ec. E, quando il primo esemplo è di Dante, la dichiarazione si troverrà nell’esemplo appresso, che sarà de’ comentatori: come alla voce baleno, leppo, ec.
Quando una parola ha molti significati differenti notabilmente, gli abbiamo distinti con differente dichiarazione. Quando la varietà è poca, ma ricerca pur qualche distinzione, per brevità, e maggior chiarezza, e per non si poter comprendere sotto regola generale, gli abbiamo dichiarati con la parola, cioè, posta a piè dell’esemplo, dove è la voce, come nella voce cura. Del medesimo, cioè, ci siamo serviti eziandio sotto quegli esempli, ne’ quali, per aver la voce significazion poco usata, ha bisogno di maggiore appalesamento, come nella voce carro, dottrinare, ec. Tal’ora, quando i significati tra di loro poco divariano, sono immediatamente l’un dopo l’altro, nella prima dichiarazione: lasciando all’avviso del lettore l’applicargli a’ loro esempli, come nella voce gente, gentile, gherone, ec.
Dove l’autor dell’esemplo talvolta s’è allontanato dal proprio significato della parola (il che nelle traduzioni è più, che in altro accaduto) abbiamo dichiarata la voce nella sua propria, e vera significanza, ma, per dichiarazion di quell’autore, si è appresso soggiunto [qui vale] o altro contrassegno, come alla voce abrostine, abuso, accettatore,ec.
Quando non abbiam trovato esemplo d’alcuna voce, se non in senso metaforico, abbiamo usate parole, che prima la dimostrano nel suo proprio, e vi s’è appresso soggiunto [qui è metafora] come alla voce accecamento, abbaiatore, laniare, ec.
A qualche vocabolo di molti e molti significati, tal volta non gli se n’è assegnato alcun generale, o per non essersi trovato sì universal, che tutti gli abbracci, come suo genere, o per non potersi discernere qual sia veramente il più generale, e più proprio, come alla voce levato, Avere.
Bene spesso, per dichiarare un vocabolo, habbiamo usati sinonimi, scegliendo i più simiglianti, o di più vicino significato: ma non intendiamo per ciò, che tutti vaglian sempre lo stesso, ne ch’e’ si debbano pigliare per lo medesimo, o usar nello stesso modo, ne con la medesima costruzione d’aggiunti, di verbi, di nomi, o preposizioni.
I Proverbi, locuzioni, e maniere di favellare, si troverranno, per lo più, sotto i verbi, da’ quali traggon l’origine, come molte ne sono al verbo menare, imbiancare, ec. ma tal volta, per esserci venuto meglio in acconcio, saranno sotto alcuni nomi, come sotto a orcio, gatta, cuore, ec. E alcuna volta accadrà ritrovarsi in amendue i luoghi.
Gli avverbi composti di più parole son dichiarati, il più delle volte, nel discorso della parola più principale, come A modo sotto la voce modo: A martello sotto la voce martello: e all’ordine dell’Abbiccì sarà tratto fuori A modo vedi modo, A martello, vedi martello, ec. Ne saranno ancora dichiarati alcuni da per loro, come A distesa, A storia. Alcuni altri si ritroverranno in tutti e due i luoghi.
Le voci, o guise di parlare non significanti, se non con l’accompagnatura del verbo, son dichiarate insieme con essa, come nella voce A braccia, A campo s’è dichiarato. Portare a braccia, mettersi a campo, ec.
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