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vae victis! 345

tro al suo capo si proiettava su lei un fascio d’argentee lucentezze.

Così — tutta velata d’azzurro, diafana nella luce lunare — ella mosse un passo innanzi.

Poi si fermò, trasecolante, impietrita.

Chi c’era là, nell’ombra? Chi stava immobile là sulla scalinata, a pochi passi da lei?

Mirella!...


Sì; Mirella era là, immota, quasi catalettica, cogli occhi pazzi di terrore fissi su quella porta. Quella porta si apriva — si apriva! Ecco — ecco — uno spiraglio di luce bianca appariva sotto alla tenda....

Ah! La porta era aperta... la tenda si scostava!... Ora Mirella sarebbe morta. Lo sapeva! Ciò che stava per vedere l’avrebbe uccisa, come già una volta aveva uccisa l’anima sua. Sì... sì... la tenda rossa si moveva ancora, lo spazio di luce s’allargava....

Mirella ansava, soffocata, morente —

Quand’ecco in quella luce — oh, meraviglia! oh, estasi infinita! — in quella luce apparve una Visione!

Inondata dai raggi della luna, tutta velata di rilucente azzurrità, stava una Madre col suo Bambino. Dietro a lei brillava un grande cerchio di luce.