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336 | annie vivanti |
«Mirella!... Mirella!...» mormorò ansiosa. «Guarda, cara... non ricordi? Non ricordi?»
Le quiete pupille della bimba vagarono dagli arazzi appesi alla pareti, alla panoplia d’armi incrociate sopra l’arco del vestibolo; dall’antico oriolo a pendolo, ai paesaggi invernali del Van der Welde nelle loro cornici nere. Ma non un raggio di rimembranza illuminò il suo viso immobile, puro e bello come un fiore chiuso.
Col cuore in tumulto Luisa la cinse col braccio e ne guidò i passi leggeri e incerti lungo il corridoio e su per le scale.
L’uscio del salotto era aperto. Luisa con mossa rapida illuminò la stanza.
Mirella, sulla soglia, trasalì; e quel lieve sussulto mandò un fremito immenso nel cuore di Luisa. Sostò, senza respiro, ad osservarla.
Certo, certo, la bimba doveva riconoscere questa stanza: là, a destra, il grande camino fiammingo, col vecchio sedile di quercia — qui il breve tratto di scala colla balaustrata di ferro battuto, che conduce alle camere superiori — e là, di faccia, la porta drappeggiata di rosso....
Portata improvvisamente davanti alla scena stessa del suo martirio, ecco — il velo dell’oblio le sarebbe caduto dall’anima. Luisa lo sentiva, Luisa lo sapeva. E attendeva trepida il sussulto,