Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
vae victis! | 329 |
dall’orbita tanto si fissavano ardenti sulla porta drappeggiata di rosso, donde era venuta quella voce.
Chérie, cieca di terrore, gli si gettò ai piedi gemendo, abbracciandogli i ginocchi. «Pietà! Abbi pietà! Uccidimi — ma non far male a lui!»
E sempre Florian restava immobile, come impietrito, cogli occhi fissi sulla porta donde era uscito quel suono. Le disperate parole di lei, il suo pianto di terrore, non giungevano al suo orecchio. Egli non udiva che un suono, non udiva che quel grido querulo — il pianto del bambino. Vincendo i lamenti della donna, vincendo il frastuono dell’inno nemico che ancora frangeva l’aria, vincendo il tuono delle armi e il fragore della guerra, ecco saliva dalla terra questo acuto grido di vita — il pianto dell’umanità.
E questo pianto gli entrò nel cuore come una spada. Gli pareva che in esso fosse tutta la desolazione e il dolore del mondo. Pareva dire tutta la tristezza, tutta l’inutilità irrimediabile d’ogni cosa.
Sdegno, ira e furore gli caddero dall’animo come cose morte. E il bisogno di vendetta e la bramosia d’uccidere — tutto si spense in lui, lasciandogli il cuore silenzioso e vuoto.
La disperata donna che si aggrappava a lui