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vae victis! 327

Disperata si torceva le mani. «E perchè, perchè, non deve vivere lui? Vivere ed essere felice come tutti gli altri bambini? Che cosa ha fatto, povero innocente, per essere odiato, disprezzato, maledetto?»

«Basta!» gridò Florian, «basta di lui —».

Ma ella non l’ascoltava, non l’udiva. Neppure udiva la sfrontata fanfara tedesca che passava sotto le finestre, lanciando al cielo vespertino l’insolenza trionfante della «Wacht am Rhein.»

No, Chérie non udiva nulla, non si curava di nulla fuorchè della creatura sua — sua, e del nemico!

E Florian — soldato — si sentì ribollire il sangue.

«Ed è questo» — gridò sdegnato — «questo che tu trovi a dirmi, quando ritorno a te scampato dagli artigli della morte? Questo, questo tutto il tuo pensiero mentre la nostra patria sanguina, straziata dagli immondi bruti che vi hanno violate entrambe? Ah, maledizione su loro — maledizione eterna su loro e sulla creatura —»

«No!» con uno strillo ell’era balzata in piedi e gli copriva la bocca colle mani. «No! no! Non maledirlo!... Non maledirlo anche tu quel bambino — che nessuno mai ha benedetto!»

«In nome del Belgio,» tuonò forsennato Flo-