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314 | annie vivanti |
vano? Essa lo amava, lo amava coll’amore di tutte le mamme, lo amava d’un amore fatto più grande dalla sofferenza, dalla disperazione, dalla vergogna.
«Piccolo mio,» susurrò, «perchè non ci hanno lasciati morire tutt’e due in quel mattino di maggio, quando tu non eri ancora entrato nella vita ed io ero già così vicina alla morte? Perchè non ci hanno lasciati sparire, dileguare nell’eterna pace, te ed io insieme, lontani da queste tristezze e da queste pene?»
Ma il bambino dormiva sorridendo agli angeli.
E poichè era tardi, ed era l’ora di metterlo nella culla, ella si levò e con passo leggiero e colla guancia appoggiata al piccolo capo biondo, se lo portò nella stanza vicina, allontanando col gomito, nel passare, la tenda rossa che pendeva sull’uscio.
«Ninna-nanna,» mormorò mettendolo nella culla.
E mentre così faceva si trovò d’improvviso a rammentare, senza una ragione, la sera del suo compleanno; le veniva in mente — chissà perchè? — la danza con Jeannette, Cricri, Cecilia....
Questo ricordo correva come un filo luminoso