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vae victis! | 311 |
lavorò ad allentare e sciogliere le maglie del reticolato che sorgeva intorno all’infermeria; la bianca sua mano lo aveva guidato per monti e valli, la sua voce soave lo aveva confortato nelle lunghe giornate senza cibo, nelle lunghe notti di veglia; lo aveva incalzato a celarsi nei boschi, ad accovacciarsi nei fossati, a traversare a nuoto i fiumi, a scavalcare muraglie e roccie, a vincere perigli d’ogni sorta, ad affrontare mille morti per arrivare a lei.
Ed ora ella forse era là! Là in quella casa davanti a lui — a portata della sua voce, in vista de’ suoi occhi! Là, dietro quelle gaie finestre aperte!...
Florian ricordò come in quella sera fatale, non anco un anno fa — ah, come la Morte e la Devastazione erano passate sul mondo in quel frattempo! — egli era venuto a galoppo per queste vie tranquille ed aveva veduto, come ora, le finestre spalancate alla blanda aria serale. Come allora, gli parve di udire un coro di chiare voci che cantavano:
«Sur le pont
«D’Avignon
«On y danse
«On y danse....»