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310 | annie vivanti |
destra e si trovò di fronte alla casa del dottor Brandès.
Si fermò di botto e guardò su. Le finestre erano aperte, tutte aperte alla fresca aria vespertina. A quella vista un fiero palpito di gioia gli scosse il cuore. La casa era dunque abitata. Da chi? Da chi? Erano tornate le esule? Erano tornate sane e salve a Bomal? Claudio aveva pur scritto che erano partite dall’Inghilterra per tornarsene in patria.... Erano dunque qui — qui a due passi da lui?
Un brivido di gioia scosse Florian Audet.
Era stata questa speranza che gli aveva ispirato il coraggio di tentare un’impresa quasi impossibile — la fuga dall’ospedale di Liegi traverso il paese invaso. Era il pensiero di rivedere Chérie che lo aveva sorretto in quel viaggio temerario traverso tante miglia di terreno battuto dalle pattuglie tedesche. Quando per la prima volta in quell’ospedale, dove tutti parevano ancora incerti se trattarlo da ammalato o da prigioniero, gli era balenata l’idea della fuga, egli l’aveva scacciata da sè, dicendosi che era una follia del suo cervello indebolito. Ma sempre la visione di Chérie pareva invocarlo; ella gli era al fianco, fantasma incalzante, quando nel cuor della notte colle mani lacere e sanguinanti egli