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vae victis! 279

sero per le braccia e gli strapparono da dosso la coperta. Egli rimase così, nelle sole scarpe, nudo alla grande luce del giorno, col viso, le mani e i capelli imbrattati di fango. Era una forte e magnifica figura d’uomo.

L’ufficiale e gli uomini avevano rivolto la loro attenzione al nodo nell’angolo della coperta. Lo sciolsero e vuotarono del suo contenuto quella tasca improvvisata. Si guardarono l’un l’altro; poi riguardarono l’uomo nudo. Il cioccolatto era tedesco; le sigarette erano tedesche; le scarpe erano tedesche. — E l’uomo cos’era?

«Meschugge,» mormorò il tenente, a spiegazione non della nazionalità di Florian, ma della sua condizione mentale.

«Meschugge! Meschugge!» Ripeterono gli altri sghignazzando.

Tuttavia l’ufficiale sembrava incerto. Dopo aver fissato lungamente Florian si volse a parlare a bassa voce cogli altri. Florian capiva che discutevano di lui. A quale decisione arriverebbero? L’arresterebbero come un astuto belga che, spogliatosi della sua uniforme, aveva rubato le scarpe e la coperta ed ora si fingeva muto e demente? O lo crederebbero un tedesco ammattito e lo manderebbero in un ospedale?

Meglio se fosse così. Certo sarebbe più facile la