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266 | annie vivanti |
Ed eccolo a giacere in questa buca, colla terra smossa che ogni tanto gli scendeva a cascate sulla testa e sulle spalle. Chissà il resto della sua compagnia dov’era e come era andato l’attacco?... Si udiva ancora, non molto lontano, il fragore di spari.
Florian tentò di rizzarsi in piedi, ma pareva che il terreno si alzasse con lui; non poteva staccare le mani da terra. Il cratere e il cielo gli turbinavano d’intorno e dovette tornarsi a sdraiare.
Sorse dal tonante oriente la notte, e spense il crepuscolo.
Frattanto il Feldwebel Karl Sigismund Schwarz era di nuovo nel Caffè des Westens. Sì, sì, era perfettamente così. Il Caffè des Westens. L’orchestra di centomila contrabassi gli rimbombava nelle orecchie, ed egli batteva, a tempo colla musica, il suo braccio pesante sul marmo della tavola; e gridava al cameriere Max che gli portasse qualche cosa da bere.
Max arrivava correndo e gli porgeva un vassoio carico di bevande: grandi schoppen ghiacciati di Münchener e Lager, e bicchieri colmi di limonata gelida — scegliesse. Quale voleva? E Karl non poteva decidersi. Colla gola arsa, collo stomaco in fuoco dalla sete stava a guardare quelle fresche bibite, le birre gelide, le li-