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vae victis! 265

Il tramonto purpureo era svanito in un crepuscolo grigio, quando a sua volta il belga aprì gli occhi. Sospirò e si rizzò a sedere; e vide sdraiato accanto a sè, colle gambe tese e inerti, con un braccio sfracellato e il volto incrostato di sangue, un tedesco ferito.

Costui aveva gli occhi aperti, e il belga lo salutò con un cenno del capo. «Eh bien? Ça va, mon vieux?»

«Verfluchter Schweinehund,» rispose il tedesco. E Florian Audet, non comprendendo l’improperio gli fece un altro amichevole cenno col capo.

Poi tacquero entrambi, occupato ognuno dai propri pensieri.

Florian cercò di comprendere ciò che era accaduto. Mosse prudentemente un braccio; poi l’altro; poi i piedi e le gambe. Indi si spostò un poco colle spalle. Tutto pareva sano. Non sentiva che un dolore sordo alla nuca, una specie di crampo che gli saliva fino alla sommità del cranio. Del resto in complesso niente di male.

Oh, come mai si trovava qui? Riordinò alla meglio gli sconnessi ricordi; c’era stato l’ordine di attaccare... Lui e i suoi soldati si erano slanciati sulla bianca via di Ypres, e traverso i campi verso il sud.... poi — poi un formidabile rombo, una scossa immane....