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264 | annie vivanti |
cos’era quel violoncello che gli suonava così da vicino?... Se lo sentiva vibrare profondamente nelle orecchie e nella testa: «Zuum... zuum-zuum... zuum-zuum....»
Ah, un momento!... Ecco — adesso sapeva dov’era. Era a Charlottenburg, nel Caffè des Westens e il direttore d’orchestra — l’ungherese Makowsky — suonava il contrabasso. Precisamente. Zuum... zuum-zuum... Gli altri dell’orchestra aspettavano il loro turno per cominciare... Ma intanto cosa diavolo aveva al braccio?
Gemette forte e fece per alzarsi sul gomito destro. Non vi riuscì. Ma nel volgere la testa scorse a pochi passi da lui un uomo in uniforme belga, steso a terra col profilo rivolto al cielo.
Ma allora — si disse Schwarz — non si era a Charlottenburg? No; si era nelle Fiandre, vicino a un’infetta città chiamata Ypres, e lui stava sdraiato in una buca fatta da una mina.
Gettò di traverso un’occhiata al belga; poi urlò forte:
«Olà! dite un po’ — cos’ho io al braccio?»
Ma costui non rispose, nè si mosse; e Schwarz riflettè che probabilmente non capiva il tedesco, e che più probabilmente era morto.
Allora Karl Sigismund Schwarz si riabbandonò supino, e stette ad ascoltare il contrabasso che gli ronzava nella testa.