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vae victis! | 263 |
XX.
Il Feldwebel Karl Sigismund Schwarz giaceva nel pendio interno di un cratere, sotto un cielo vespertino cosparso di nuvolette rosse. Aveva gli occhi chiusi, ma non dormiva. Stava dicendo a sè stesso che bisognava muovere il braccio sinistro. Aveva qualche cosa di anormale quel braccio; un peso infinitamente grave pareva schiacciarlo; se lo sentiva plumbeo e infocato. Certo bisognava muoverlo; bisognava alzarlo e agitarlo nella fresca aria serale perchè vi tornasse la circolazione.
Sì, sì, tra un momento avrebbe mosso il braccio.
Presa questa decisione, Feldwebel Karl Sigismund Schwarz si sentì in diritto di riposare da tanto sforzo mentale, e si addormentò.
Si risvegliò più che mai deciso che bisognava muovere il braccio. E per muovere il braccio cosa bisognava fare? Dov’era questo braccio? E lui stesso, Karl Sigismund Schwarz, dov’era?... E