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vae victis! | 257 |
dormiva. Stava seduta accanto al fuoco cucendo e canticchiando piano.
Appena vide Luisa balzò in piedi arrossendo, e cercò di nascondere il lavoro che teneva in mano. Ma Luisa lo vide. Era una mantellina bianca da neonato che Chérie stava ricamando. Allora anche le guancie pallide di Luisa si fecero di fiamma.
«Chérie.» balbettò esitante, «ho pensato.... ho pensato... che cosa diresti se tornassimo davvero a casa?»
«Ma sì, Luisa. Torniamo pure,» acconsentì Chérie, colla blanda serenità di chi non ha altra missione che l’attesa.
«Allora partiremo. Partiremo presto,» disse Luisa febbrile. «Arrivate a Bomal, metteremo la casa in ordine; la faremo bella per quelli che torneranno...»
«Sì,» rispose quieta Chérie.
«Poichè torneranno! Torneranno, e ci troveranno là ad aspettarli. Se pure la tempesta è passata sopra di noi,» la voce le si ruppe in un singhiozzo, «tuttavia Mirella guarirà — lo so, lo sento. E tu, tu — oh, Chérie!» cadde a ginocchi accanto alla fanciulla tremante — «tu devi purificarti, redimerti.... sì! anche tu, anche tu devi distruggere questa fonte di vergo-